Luigi De Laurentiis: «Il criterio scelto è ingiusto. Se giochiamo a giugno sarà spettacolo anche in tv»
Il presidente del Bari: «I playoff per evitare i tribunali»
La C si è imposta di fermarsi, ha votato al suo interno, ha mandato in B il Monza (16 punti sulla Carrarese), il Vicenza (sei sulla Reggiana) e la Reggina (nove sul Bari), ha bloccato le retrocessioni e poi s’è intrufolato in un labirinto privo d’uscita, individuando nel Carpi la quarta da promuovere per un complesso calcolo che sta scatenando i legali di chi invece ha sperato di potersi offrire una chance. L’ultima parola spetterà al Consiglio Federale. O forse sarà la penultima, perché al fianco del Bari di Luigi De Laurentiis va formandosi un fronte che ha già individuato un percorso: spingersi sino in Tribunale, se al bivio del buon senso non si imboccherà quella dei playoff.
De Laurentiis, voi della C avete deciso: si chiude qua. «E questa è una scelta che si può anche rispettare e condividere. C’è però dell’altro ed è sportivamente inaccettabile».
“Altro” vuol dire: Carpi in B come quarta promossa e in virtù di una migliore media-punti rispetto alle seconde di ogni girone. «E questi mi sembrano procedimenti che non solo violano ma offendono la giustizia sportiva, che ha nel campo il suo inappellabile giudizio».
E’ un calcolo che ritenete improbabile e persino iniquo. «Perché il Carpi ha giocato meno partite rispetto alla Reggiana ed al Bari. Ed è un principio illogico, che andrebbe almeno equiparato, prendendo in esame l’identico numero di gare. So bene che qualsiasi decisione susciterebbe reazioni e malcontento ma il Bari, che presiedo, vuole almeno che non ci siano procedimenti innaturali. I playoff rientrano nelle dinamiche del campionato, sono previsti e sono in calendario e negarli a chi ha avuto modo di guadagnarseli è profondamente illegittimo»
Luigi De Laurentiis chiede di riaprire almeno a metà. «E di dare un senso al calcio, di lasciare che abbia una sua funzione e non mortifichi né gli investimenti delle società, né gli sforzi degli atleti, né i sacrifici dei dipendenti. So bene quale sia la situazione della Serie C e mi è chiaro che esistano problemi di carattere finanziario. Ma c’è anche chi ha speso svariati milioni di euro e penso debba essere rispettato alla stessa maniera. Ho avuto modo di parlare con altri club…».
Non è l’unico che porterebbe avanti una battaglia legale per vedersi riconoscere dei diritti. «Parlo per me ma so che c’è chi sta studiando un percorso legale per tutelare i propri interessi e la propria passione. Ci sono città grandi, con bacini di utenza rilevanti, che ritengono – almeno quanto il Bari – di essere dinnanzi ad una ingiustizia».
I playoff a ventotto squadre, come dovrebbe essere, sembrano improponibili. «Se in sedici hanno detto sì, vuol dire almeno loro sono in grado di parteciparvi. E comunque si può verificare, in presenza di una riflessione ampia, sin dove si possa arrivare, chi e quante sarebbero nelle condizioni, anche economiche, di farlo. E a quel punto si potrebbe partire, magari a fine giugno, semmai anche facendo in modo che ci siano le tv a diffondere le partite e dunque a consentire alla gente di apprezzare da casa le prestazioni delle proprie squadre. Il calcio vuole ricominciare ad alti livelli, e mi sembra giustissimo, ma può farlo anche in serie C. Si costruirebbe una finestra televisiva anche per questo finale che sarebbe di elevato contenuto tecnico.
Ha parlato con Ghirelli? «Magari lo farò nei prossimi giorni. E poi penso che sappia della volontà di vari club di giocare, per non veder distrutta la semina di un anno, ch’è stata costosa».
Non vi resta che il parere del Consiglio Federale. «Ho fiducia in una istituzione che punta sulla ripartenza del calcio. Esistono i margini per intervenire, per lasciare che il premio della promozione in serie B arrivi attraverso il campo: si potrebbe cominciare tranquillamente a metà giugno o persino un pochino più in là. E andare in campo in notturna. Si può attrezzare un playoff tra gli aventi diritto allo stato attuale e nel caso qualcuno non sia in grado di affrontare i protocolli, che costringono a spese proibitive, si ridurrebbe il numero delle partecipanti. Credo sia l’unico modo per evitare di costringere chi si sente defraudato di andare in Tribunale».
Antonio Giordano (CdS)