Alemao: “Napoli la mia favola più bella. Son fuori dal calcio, qui è l’ambiente è…strano”

L'ex centrocampista del Napoli degli anni '80-'90 ai microfoni del CdS

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Ricardo Rogério de Brito detto Alemão ai microfoni del Cds parla della sua nuova e vecchia esperienza di vita:

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La leggerezza, diremmo la speranza, è nel suo impegno nella Comunità d’assistenza per tossicodipendenti che la impegna. «Ci lavoro da ventisette anni, è una struttura sulla quale siamo ovviamente intervenuti, ha avuto bisogno di essere adeguata e ritengo che adesso sia all’avanguardia. Ma siamo sempre pronti e nuove modifiche per tenere alto il grado d’accoglienza nei confronti dei ragazzi che assistiamo. Ci sono sessanta posti e proviamo a recuperare chi ha avuto meno fortuna nella vita. Ho messo su questa mia vecchia casa, l’ho sistemata, l’ho ristrutturata e posso sentirmi felice almeno di questo. Mi dà energia, mi fa sentire utile».

Si tenta di costruire un futuro per chi sospetta di non averne. «C’è un trattamento che dura sette mesi e in questi duecento giorni ognuno deve impegnarsi anche ad imparare o conoscere lavori che magari ha ignorato. Ci sono piantagioni che si possono coltivare, si può diventare panettieri, ci si avvicina ad un reinserimento che dev’essere graduale ma anche il più immediato possibile. Ho ovviamente il sostegno di medici, di psicologi, di specialisti che hanno competenza; non potrei farcela da solo neanche in amministrazione e infatti c’è chi mi dà una mano pure in questo settore organizzativo».

La sua scelta l’ha indotta a lasciarsi alle spalle il calcio, che è stato il suo mondo. «Ho smesso anche di guardare le partite in tv, ogni tanto mi concedo quelle del Napoli. Ma ne sono uscito, perché qui l’ambiente è strano e complicato, tutto concentrato intorno ai soldi con un potere concentrato in poche mani. Il mio modo di vivere è diverso, ho un carattere forte e principi personali, posso fare a meno del calcio».

Ma non dei ricordi e neanche dei sentimenti. «Quelli restano e per sempre. Sento spesso Andrea Silenzi, che per me è un fratello; parlo con Andrea Carnevale, con Rizzardi, con Venturin e anche a volte con Ciro Ferrara. Vedo, quando possiamo entrambi, Careca. Ripenso a Napoli, alla mia casa di via Petrarca, ai miei amici che mi chiamano tante volte e mi invitano. Era in programma un viaggetto in Italia per marzo, sarei dovuto essere a Gubbio e ovviamente sarei poi stato in quella città meravigliosa che mi ha accolto per quattro anni come un figlio».

Ed è stata la sua favola. «La mia vita è racchiusa soprattutto dall’88 al ‘92. Mi è capitato, recentemente, di ritrovare immagini di quelle stagioni ed ho provato nostalgia, ovviamente. Abbiamo vinto, superando anche situazioni che definirei politiche insospettabili. E riuscire a trionfare a Napoli non è semplice. Ci siamo dovuti superare, perché trovavamo spesso ambienti ostili: è stata dura e mi pare di capire lo sia anche adesso. ma sogno che prima o poi quella gente possa essere felice e riassaporare la gioia d’un successo che per la loro passione dovrebbe rappresentare la normalità». 

La Redazione

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