Il baby bomber ha proprio tutte le carte in regola (compresa, ovviamente, quella di identità), per rappresentare un investimento, per imprimere una svolta – un ‘altra – in un’idea di calcio ch’è diversa: Moise Kean ha appena compiuto venti anni e persino un futuro alle spalle, verrebbe da dire. Ha cominciato presto, perché gioca d’anticipo, e ora nel libro dei primati lui resta, fino a prova contraria, come il primo Millennials che ha debuttato in serie A e in Champions. Accadde alla Juventus, ovviamente con Massimiliano Allegri in panchina, che in tre giorni lo lanciò nella mischia a Pescara e poi a Siviglia, in settantadue ore divenute indimenticabili per l’attaccante figlio di ivoriani ma nato a Vercelli e poi trasferitosi ad Asti. E’ un predestinato, nelle Giovanili lo lanciavano nelle squadre con compagni d’età maggiore e lui, imperturbabile, segnava a raffica. Ha già vinto due scudetti con la Juventus, e ci ha messo del suo (un gol nel 2016-2017, altri sei nel 2018-2019), a diciotto anni e nove mesi era in Nazionale (dove l’ha portato Mancini, che ai talenti è sensibile) e un anno fa è andato in Inghilterra: l’Everton ci ha creduto ed ha speso 27 milioni e mezzo (più bonus). Piaceva ad Ancelotti, che lo avrebbe voluto a Napoli quando arrivò o anche nella passata stagione: dovesse accadere, sarebbe la prima volta nella sua già intensa carriera, che Kean arriverebbe in ritardo a un appuntamento. Fonte: CdS