La frase del (suo primo) giorno: «Giocare qui è sempre stato il mio sogno». Facile, se ti chiami Diego: dev’esserci per forza un motivo. E infatti Demme è tifoso del Napoli, prima di esserne diventato regista (un classico metodista) che non appena è entrato in campo non ne è uscito più. Il primo uomo della rivoluzione ideologica di Gattuso & Giuntoli, s’è «impadronito» del Napoli senza prendersi pausa: titolare con la Juventus, poi una sola panchina, ma per influenza, a Marassi contro la Samp (e comunque gol per l’allungo decisivo) e un’altra con il Torino, per farlo rifiatare. Demme è il riferimento costante del Napoli, serve per fungere da collante, fa le due fasi, offre le garanzie a Gattuso per ritrovarsi una squadra equilibrata, e porta in sé un entusiasmo che gli appartiene dalla scelta del papà di mettergli un nome non certo casuale. La sua è stata una «prepotente» ed anche insospettabile scelta di vita: quando il Napoli lo avvicina, è primo in classifica in Bundesliga, con il Lipsia, protagonista di una partenza che inquieta anche Bayern e Borussia. Il Napoli lo ha pagato dodici milioni di euro, spesi senza indugi per arricchirsi di un uomo tatticamente evoluto, capace di garantire coperture e solidità dinnanzi alla difesa e tra le linee. Curiosità che sembrerebbe a margine: tra i sui idoli, nell’infanzia, c’era Gattuso. Che da lui non si separa.