A rischio un giro d’affari da 60 miliardi e quasi il 4% del Pil italiano. Complessivamente sono 14 milioni le persone coinvolte nell’ecosistema.
L’emergenza Coronavirus ha colpito al cuore un intero sistema sportivo. Lo stop forzoso dei campionati (professionistici e dilettantistici) si sta trasformando in un vero e proprio tsunami per le casse di club, leghe, atleti e operatori del settore.
Lo sport, nel nostro paese, genera, su base annua, un valore della produzione (impatto economico “diretto”) superiore ai 30 miliardi di euro, contribuendo al prodotto interno lordo (Pil) per l’1,9%.
Ancora più significativi i dati dell’indotto (economia indiretta). Oltre 60 miliardi di euro ed una percentuale del 3,8% nella composizione del Pil nazionale. L’ecosistema dello sport coinvolge più di 14,2 milioni di persone (oltre 800 mila unità solo considerando i “collaboratori sportivi”). Nello specifico 899 mila tra tecnici, dirigenti e ufficiali di gara; 5,65 milioni di atleti, tra Federazioni (FSN) e Discipline sportive associate (DSA), e 7,71 milioni di praticanti considerando anche gli Enti di promozione sportiva (Eps). Soltanto i tesserati delle FSN/DSA rappresentano il 9,6% della popolazione tricolore.
Lo sport è un’industria, un contenitore socio-economico, di assoluta rilevanza per il Sistema Italia. Ecco perché non ci si può permettere, proprio in questa crisi contingente, di perdere una ricchezza costruita e consolidata negli anni. Già nel 2012, infatti, il Coni, nel suo primo ed unico “Libro dello Sport”, indicava, nella misura dell’1,6%, il contributo concreto del settore in esame nella composizione del Pil.
A distanza di otto anni questa percentuale è cresciuta in misura costante (raggiungendo il tetto dell’1,9%), così come il valore complessivo della produzione “diretta” (30 miliardi).
Il calcio professionistico e dilettantistico è motore dell’intero sistema nazionale, forte di un fatturato di oltre 5 miliardi di euro. C’è poi da considerare l’impatto socio-economico (valore aggiunto) dell’industria del pallone pari a 3 miliardi. Con benefici tangibili per i settori della salute, dell’economia e della socialità.
Nel 2016 l’Eurostat (ufficio statistico della Unione europea) ha stimato in 119.400 gli “occupati stabili” nello sport italiano, al 16° posto della classifica UE (con Lituania, Grecia e Lettonia sull’ideale podio continentale). Dati che non prendono in considerazione lo sviluppo delle nuove professioni. Dai social media manager in ambito digitale, alle aree comunicazione e marketing, agli esperti di diritto sportivo, fino a figure molto tecniche come i professionisti del mercato dei diritti tv.
*direttore agenzia Sporteconomy.it. Fonte: CdS