Balbo è argentino come papa Bergoglio, ma anche come Diego Armando Maradona. Inevitabile è stato un passaggio sul suo rapporto con il Mito: «Da ragazzino per me era una specie di dio del calcio. Ero un ragazzino del Newell’s, dove abbiamo cominciato sia io che Batistuta, quando lo vidi vincere da solo il Mondiale del 1986». Quattro anni dopo, in Italia, erano compagni di squadra: Balbo non ebbe molta fortuna, giocò soltanto la partita inaugurale persa contro il Camerun, poi furono altri a portare l’Argentina in finale. «Per me fu come coronare un sogno giocare nella stessa squadra di Diego, il più grande». Senza se e senza Messi: «Non trovo sia giusto paragonare calciatori di epoche diverse. Il giudizio, oltre che dal tipo di calcio, è influenzato dalla conoscenza e dall’emotività: un ragazzino oggi potrebbe dire che Messi è migliore perché non ha vissuto Maradona. Io su Diego sono di parte però bisogna anche sottolineare un elemento: Messi con la nazionale argentina non è mai riuscito a vincere». E Pelè? Dimenticato: «No, ma vale il discorso di prima. Non l’ho conosciuto direttamente come appassionato, al di là del fatto che non sia argentino ma brasiliano. Quindi resto sempre fermo su Maradona». Che rapporto avete ora? «Di rispetto e stima reciproca. Non ci sentiamo ogni settimana ma se capita di incontrarci è sempre un piacere».
CdS