Mura: Il fuoriclasse degli aggettivi e la sua Olivetti Lettera 22 verde acqua

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UN MAESTRO PER TUTTI

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Non era uno scrittore, ma i suoi libri rimarranno; non era un direttore – lo era stato per poco su richiesta dell’amico Gino Strada -ma tutti avevano imparato qualcosa da lui, soprattutto i direttori; non era solo un giornalista sportivo perché in ogni pezzo c’era l’inizio di un romanzo. Mura era un maestro, ma si incazzerebbe e tanto, diciamo un padre della scrittura artigiana.

Ogni anno al Tour de France c’era sempre un collega giapponese che faceva il pezzo sul giornalista italiano e la sua Olivetti Lettera 22 verde acqua – che gli rubarono a Liegi, e che l’inviata del «Figaro» Irina de Chikoff, raccontò sotto un titolo a 4 colonne, i francesi gli volevano bene e tanto – poi divenuta Lettera 32, macchina che era protesi e biografia, ne faceva un alieno, tanto che, puntuale, qualcuno gli chiedeva: «Non ha paura di disturbare con questo rumore tutti gli altri», e lui, ormai allenatissimo e prontissimo senza smettere di picchiettare sui tasti: «No, non ho paura, semmai sono tutti gli altri a disturbarmi col loro silenzio». 

I SUOI DUE ROMANZI

Un fuoriclasse con gli aggettivi, scultore della frase esatta che basta come ritratto. E con una attenzione maniacale alla marginalità. Aveva orecchio, per dire. Conosceva anche il Murolo più dimenticato, il Di Giacomo perduto, e poteva parlare di Alfonso Gatto per ore e meglio di qualunque critico.

Perché Gianni era attento al ritmo e al suono, una canzone era fondamentale per scrivere e scriverne, un verso, una nota aggiungevano aria a una partita o a una corsa Per forza di cose doveva poi ricondursi allo sport, era la sua stanza. Ma ci arrivava, sempre, con un carico di altre cose, altri mondi, perché quella stanza non aveva pareti.

Amava scrivere e prima leggere, e solo dopo migliaia di articoli. Aveva provato a farsi giallista alla Montalbàn – che avrebbe pagato per scrivere di sport come Gianni – «Ho aspettato di compiere sessant’anni prima di pubblicare qualunque cosa. Il primo l’ho ambientato al Tour. Poi mi sono reso conto che o fai delle cose di fantascienza o se lo ambienti in un posto lo devi conoscere: Milano la conosco ma ci sono 30 giallisti, e allora Ischia». Fonte: Il Mattino

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