Aic – Tommasi: “Tornare il 3 Maggio a giocare? Dobbiamo vivere alla giornata”
Il presidente dell'Aic a 360 gradi sul momento del calcio italiano e non solo
Tagli degli stipendi, ripresa degli allenamenti e paura per i calciatori contagiati: Damiano Tommasi, presidente dell’Aic, ieri ha parlato a 360 gradi dei temi caldi con i quali la sua associazione sta facendo i conti.
Tommasi, da dove vogliamo iniziare? «Dalle immagini simbolo di questo momento terribile: quella degli infermieri che lottano in prima linea negli ospedali e quella della colonna di mezzi dell’esercito che a Bergamo trasportavano le salme delle persone. Dietro ci sono drammi familiari che anche un collaboratore dell’Aic ha vissuto».
Quanto si riprenderà a giocare? «Non lo so. Mi auguro presto perché il calcio sarà un termometro della società: quando il pallone rotolerà di nuovo, saremo quasi fuori da questo incubo».
Il ministro Spadafora e il presidente della Figc Gravina sperano che la A torni in campo il 3 maggio. «Come hanno fatto gli inglesi, trovo più corretto dire che non si riprenderà fino a una certa data, piuttosto che indicare un giorno. Un proverbio cinese sostiene: “Se vuoi far sorridere Dio, racconta i tuoi progetti futuri”. Questo è il momento di vivere alla giornata anche perché il dato dei decessi di oggi (427) è agghiacciante. In Spagna il Valencia ha il 35 per cento di contagiati e questo vuol dire che il calcio deve prestare grande attenzione a quello che fa. Mica avranno tutti preso il Coronavirus fuori dal loro centro di allenamento…».
Quindi secondo lei per ora non bisogna neppure allenarsi. «Chi pensa di avvantaggiassi facendo allenare i suoi tesserati, non so cosa abbia in mente. Lo dico senza voler fare polemiche perché questo non è il momento delle polemiche. Allenarsi ora, due mesi prima della ripresa del campionato, però non ha senso. Ed è pure pericoloso».
Lotito e altri presidenti non la pensano così. «In Spagna ci sono decine di giocatori positivi, mentre in Italia magari non tutti hanno fatto il test e ci sono più asintomatici di quelli che si pensa. Lotito forse avrà buoni informatori e saprà quando davvero si ricomincerà il campionato».
La Serie A finirà? «Spero di sì, ma la curva dei contagi adesso non dà tregua. Pensiamo a stare in casa. Tutti, nessuno escluso. Il rinvio dell’Europeo aiuterà e magari ci permetterà di concludere i tornei nazionali».
Ha sentito i calciatori contagiati e in quarantena? «Sì, sono in contatto diretto con loro e con i nostri consulenti medici. Ci stiamo ponendo il tema delle conseguenze che questo virus lascerà sui corpi dei contagiati e degli asintomatici. Non è una cosa da sottovalutare o da banalizzare una polmonite di questo tipo».
Gravina ha detto che il taglio agli stipendi dei giocatori non è più un tabù. Cosa risponde? «Che i primi interessati alla sostenibilità del sistema calcio sono gli stessi calciatori e tutte le persone che ci lavorano. Siamo consapevoli che questo sia un tema da affrontare, ma non adesso. Prima vanno quantificati i danni e questo procedimento è possibile solo quando sapremo se la stagione finirà o no. Il problema del taglio degli stipendi va posto a tempo debito».
È vero che l’Aic non può imporre ai suoi associati di accettare i tagli? «Proprio così. Possiamo dare una linea, ma sulle rinunce decidono i singoli. Noi troviamo un’intesa sull’accordo collettivo e sul minimo federale di 30.000 euro lordi all’anno che è molto usato in Lega Pro».
Quindi quando sente la Serie A parlare di taglio del 20-30% degli ingaggi cosa fa? Sorride? «Non capisco che tipo di accordo ci propongono anche perché, ripeto, non siamo in grado di obbligare gli associati ad accettarlo. Siamo d’accordo con la Lega di anticipare le ferie estive e di considerare questi giorni come vacanze per ridurre le ferie a luglio. Su questo nessun problema. Sugli stipendi vedremo…».
La Redazione