L’emergenza sanitaria relativa al coronavirus non può lasciare indifferenti. A CasaNapoli.net è intervenuto Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano che ne ha parlato:
Domanda banale: che cos’è il Coronavirus? “Il Coronavirus è un virus che appartiene ad una famiglia che già ben conosciamo, da anni. Causa, in genere, malattie banali: i raffreddori che si mescolano ad una normale influenza sono dovuti a dei Coronavirus. Ci ha già dato da pensare: la SARS, nel 2002-2003, è un’altra problematica sempre legata ad una malattia respiratoria che è la MERS, una peculiare malattia che colpisce le regioni del Medio Oriente. Queste patologie hanno una mortalità elevatissima, ma che, ad oggi, sono controllate. La SARS è completamente controllata, la MERS in corso di controllo.
Ora c’è questa nuova variante che deriva da una variazione di un virus dei pipistrelli, questo purtroppo capita, ci inquieta. Inquieta perché non è una semplice influenza. In queste ore, almeno chi ha ascoltato i Telegiornali, ha appreso che la situazione in Italia e, in Lombardia in particolare, non assolutamente piacevole. Non si tratta di una patologia ad elevato rischio specifico per ogni singolo soggetto. La situazione sta inquietando perché, una parte dei casi, necessita della rianimazione e della terapia intensiva per poter guarire.
Perché la gran parte delle persone guarisce. Perché la gran parte, addirittura, tutto sommato ha manifestazioni cliniche simile all’influenza. Però la diffusività e il rischio che se non si vada avanti, in quelle che sono le indicazioni che il Ministero sta emanando e, temo, emanerà in maniera più stringente, anche con effetti sul calcio, potrebbe diventare un problema di sanità pubblica.”
Dottore, lei ha precisato nella parte finale del suo intervento: non si muore di Coronavirus. Ci sono molti casi di persone che, a causa di questo problema sono decedute. Ma si tratta di persone di una certa età, con delle patologie, anche se nelle ultime ore, c’è stato qualche caso non strettamente legato all’età o alle patologie:
“E’ ovvio che le persone più fragili, le persone più anziane vedono un elemento facilitante, in alcuni casi, delle infezioni respiratorie. D’altronde anche la stessa influenza fa queste cose: peggiora le patologie cardiache e respiratorie di base.
Quindi per i soggetti più fragili, questa patologia non è assolutamente da sottovalutare. Fondamentale per tutti, ma in particolare per le persone più fragili, un’attenzione particolare. Attenzione di buon senso in quelle che sono indicazioni che dovremmo attuare e che non attuiamo: dal lavaggio frequente delle mani, all’attenzione ai contatti fra le persone.
Purtroppo temiamo che domani ci sarà un decreto ministeriale, in cui ci saranno, in tutta Italia, non solo in Lombardia, una serie di raccomandazioni per ridurre la possibilità di contatti. Aumenterà la distanza sociale. Si suggerisce di stare lontani, di non abbracciarsi, di non stringersi le mani. Attuare una serie di interventi che possano ridurre la frequenza di infezioni. Questo nell’ottica di ridurre la diffusione e sperare di arrivare ad un azzeramento. Temo, però, che la situazione non sarà facile da affrontare.
Ci vorrà ancora qualche giorno per capire se le iniziative già attuate avranno un reale effetto. I casi stanno ancora continuando a salire, e questo ci preoccupa. Io temo che domani ci sarà, addirittura, l’indicazione di sospendere per un mese tutte le manifestazioni che prevedono affollamento e situazioni di vicinanza stringente. Quindi sicuramente manifestazioni sportive e, in particolare, di calcio. E’ una situazione che creerà e che già sta creando dei grossi disagi a diversi segmenti ed attività lavorative. E’una medicina amara, anzi amarissima da prendere e da somministrare, purtroppo, ancora. In un ottica di ridurre gli effetti nel medio/lungo termine. Soprattutto per garantire la migliore possibilità di assistenza.
In particolare a chi, in questo momento, nel Nord Italia, in particolare in Lombardia, nelle zone di Milano, di Bergamo e nella zona del Lodigiano, più conosciuta come zona rossa, abbia la miglior assistenza. Una parte di queste persone è a casa, così come succede con l’influenza. Però a queste persone viene chiesto di rimanere isolati per evitare la diffusione.
Qui ci vuole responsabilità di ognuno di noi: c’è stato qualcuno che ha fatto il furbo, che è scappato via da queste zone ed è andato in altri territori. Questo è pericolosissimo, perché l’attuale situazione è un focolaio concentrato nel lodigiano con delle variazioni a Vò nei colli euganei, vicino Padova. Purtroppo ora c’è una diffusione nel Bergamasco. Episodi di persone che sono collegate, per momenti di contatto, e che sono sparpagliate per tutta Italia. Ora c’è una situazione non bella nel Lazio. Anche qui ci sono delle persone che sono risultate contagiate.”
Mascherina si o no? Bisogna portarla tutti o la devono portare solo le persone che hanno paura di aver contratto questo virus?
“La mascherina chirurgica, ad oggi, serve nei soggetti sani, nella zona rossa, quella del lodigiano, dove c’è una grossa diffusione del virus. In generale, in un soggetto sano, bastano quelle indicazioni che suggerisce il ministero della salute. Necessita, invece, in quelle persone che hanno le manifestazioni cliniche. Perché è vero che una certa contagiosità è possibile in soggetti che non hanno una grande manifestazione o, nella fase finale dell’incubazione della malattia, o anche asintomatici. Ma il grosso ed il grosso rischio, sono le goccioline respiratorie che noi emettiamo normalmente.
In particolare quando tossiamo o starnutiamo. Ma quelle sono di dimensioni maggiori: perché anche parlando o anche solo respirando, oltre che, peggio ancora, tossendo o starnutendo, si emettono goccioline di varie dimensioni. I virus influenzali sono ancora più perfidi perché si diffondono anche nelle goccioline più piccole che aleggiano nell’aria e arrivano anche a distanza.
Per fortuna questo virus ha una concentrazione virale, che può determinare l’infezione, solo in quelle più grosse che cadono, per gravità a distanza di un metro, di un metro e mezzo. Però sono un rischio soprattutto nel momento del contatto diretto e in parte sopravvivono nell’ambiente. Ricerche ci dicono che durano per giorni: questo, però, è un aspetto tecnico-scientifico.
Direi che l’elemento fondamentale è la vicinanza con la persona sintomatica e l’indicazione di lavarsi le mani è per quella quota di goccioline che possono contaminare una maniglia o un oggetto che è stato investito da queste manifestazioni. Nei momenti o minuti immediatamente successivi. Le mani, purtroppo, sono un veicolo frequente di tante patologie. Tramite di esse possiamo portare questo virus. Siamo abituati, e dobbiamo fare molta attenzione a ciò, a toccare con le mani sia la bocca che il naso che gli occhi. Queste sono una via indiretta, ma purtroppo efficace di trasmissione”.
Data la situazione di emergenza o si gioca a porte chiuse o ci si ferma: questa misura consente di limitare i danni ma si deve fermare tutto il paese?
“Questo è drammatico. Ma, come ho detto, è una medicina amara da somministrare e da ingoiare con forza e con dosi ripetute. Proprio per essere forti già in questa fase che “l’incendio”, chiamiamolo così, è ancora limitato. I numeri non sono ancora esagerati. Ma ci inquieta la possibilità di diffusione. Questo virus è nuovo e quindi, potenzialmente, se non facciamo nulla, può diffondersi in una grande quota della popolazione.
Così come successe nel 1918 con l’influenza spagnola, dove nell’arco di 8 settimane, il 30/40% della popolazione venne colpito con effetti devastanti. Non tutti ebbero, a quel tempo, un esito infausto. Ma immaginate la malattia in contemporanea di una persona, non dico su 2, ma su 3 rispetto alla vita comune. C’era l’impossibilità di curare tutti, proprio perché in contemporanea tra tante persone.
Visto che questa patologia non è una banale influenza, anche se ci sono state opinioni diversificate, al di là di una percentuale maggiore, rispetto all’influenza, di mortalità, necessita di assistenza ospedaliera. L’elemento importante non è solo il calcio guardato, ma anche il calcio giocato.
C’è un effetto sui dilettanti, sugli appassionati, sugli amatori. Non solo del calcio ma anche degli altri sport. E’ un effetto devastante. E’possibile l’allenamento: ci si allena in gruppi ristretti, con attenzione particolare per le norme igieniche. Nell’ottica di quella che è la cosa migliore. Vale a dire fare movimento, attività fisica. Naturalmente adattata. Al di là delle performances sportive.
Queste, talvolta, possono avere degli effetti negativi. Però l’elemento è imponente, non solo del calcio guardato, ma di tutta quella bellissima parte che rappresenta una peculiarità della vita. Quella parte che rappresenta una peculiarità del nostro paese: bimbi, ragazzi e appassionati che provano a giocare, al di là delle performances.”
Come siamo arrivati ad essere il terzo paese più contagiato? C’è stato qualche errore prima, o abbiamo preso sottogamba la situazione?
“Siamo stati sfortunati. Abbiamo sentito, in questi giorni, che anche i nostri vicini non stanno bene: in Francia ci sono più di 212 casi, in Germania c’è un incremento notevole. Casi in Svizzera. Casi sparpagliati che sono solo l’aperitivo: un pò come la situazione che avevamo noi una o due settimane fa. Proprio perché questa patologia è perfida. Sicuramente quello che pensiamo, e qui c’è accordo tra tutti, è che in una fase iniziale di questa epidemia, la Cina, forse, poteva dirci qualcosa prima.
Di fatto, però, di fronte ad una situazione nuova e particolare, qualche giorno di anticipo era utile. Qualche persona è venuta in Italia, ma del tutto inconsapevole ed è rimasta sana o con piccolissimi sintomi che ha attribuito all’influenza. Perché da dicembre ad oggi, ancora in corso, abbiamo la stagione influenzale nostrana dei virus influenzali stagionali.
Queste persone hanno creato quell’humus, quell’incubatore di casi che, nel momento in cui si è evidenziata, sempre statisticamente, la percentuale di casi gravi, come il famoso “caso 1″, questo 38 enne che, nonostante la giovane età, ha una manifestazione pesante, ha mostrato un iceberg che si è evidenziato. Ci sono casi sotto la visibilità. Come gli iceberg fuoriescono.
Ma quello che fuoriesce è solo una parte limitata. C’è tanto altro sotto l’acqua o, come in questo caso, sotto la visibilità. La situazione, quando l’abbiamo vista noi, aveva già una certa quota di diffusione ambientale e in più, il passaggio in ospedale, di questo primo caso in particolare, ha facilitato l’individuazione di quello che è considerato il principale focolaio in Italia.
Quindi una sfortuna casuale, ma situazioni che stanno emergendo tutto il mondo: in questo ultimo periodo stiamo vedendo che anche negli USA c’è preoccupazione. Importante e sottolineo due cose: 1) Una giusta e necessaria preoccupazione istituzionale. Questa patologia, grave, ma non troppo, in ogni caso impegnativa, è un problema di sanità pubblica, quindi delle istituzioni. 2) Sui cittadini: deve esserci consapevolezza e responsabilizzazione. Non quello che è stato il panico derivante da una prima comunicazione, a mio avviso troppo eccessiva, ha scatenato. Che tutti hanno fatto incetta di pasta e acqua minerale. Creando un evento. Perché all’interno di un supermercato hai creato un evento.
Le istituzioni, in questo, hanno un pò di colpa, ma nell’evidenziare sin da subito la gravità, facendo intervenire la protezione civile. Ma anche i giornalisti: mi è capitato in una trasmissione televisiva di essere interrotto durante la discussione, nella quale una inviata, in maniera brutale disse: “Sono al check point della zona rossa, protetta dai militari”. Era di fronte ad un autoblindo, con un ottimo militare che stava facendo il suo mestiere ed era armato, protetto da una mascherina. E’ chiaro che sembra una scena di guerra, da film. Che, purtroppo, è vero. Purtroppo i cittadini del lodigiano stanno facendo una grossa opera e stanno soffrendo molto. A loro va la mia gratitudine, per la vita che stanno conducendo e che sta producendo buoni risultati. Ma bisognerà aspettare ancora per capire se sarà stato sufficiente. Ci saranno ancora delle altre restrizioni.”
Chi ha attività che obbliga a fare degli spostamenti, chi in auto, chi in treno, chi in aereo, deve avere un determinato comportamento? Si può continuare a viaggiare, seppur con le dovute indicazioni e limitazioni?
“Questo è un elemento critico. Come il giudizio di ognuno di noi rispetto al da farsi. Io stesso ho volato ed ho avuto un momento di panico nel momento in cui ho dovuto, fare un controllo per la febbre. Ho visto l’approccio di chi vuole lavorare comunque. Magari si prende un’aspirina per evitare questi controlli.
Non dico che ho avuto questa tentazione, ma mi sono immedesimato in questa situazione che, però, è di irresponsabilità perché vuol dire poter diffondere la malattia. E’ chiaro che, questi interventi, seppur pesantemente drastici hanno un significato, e lo sappiamo, di efficacia e di attenzione statistica. Non possiamo smettere di stare insieme.
La nostra vita, la vita sociale è fatta di contatti fra persone. L’elemento è quello di ridurre, statisticamente quei momenti di rischio. Non possiamo azzerarli, possiamo continuare a lavorare. Situazioni diverse si pongono rispetto al fatto di essere una persona di fronte ad un front office con gente che gli si pone davanti, piuttosto che riunioni limitate fra persone, in un open space di un’azienda. Qui l’igiene, la pulizia delle parti contaminabili, un ‘attenzione a quelli che possono essere momenti di maggiore rischio. Non è molto, non è una risposta completa. Proviamo a mantenerlo per un pò di giorni per evitare guai.”
Tema tampone: che soggetto, ad oggi, in Italia ha il tampone? Si insinuava che nel resto d’Europa i contagiati fossero di meno. Affermazione errata o corretta?
“Sicuramente vera. Noi, nella prima fase, abbiamo voluto fare una esecuzione a tappeto di tutti i casi sospetti anche asintomatici proprio nell’ottica di tracciare i contatti più stringenti dei casi indice. Abbiamo iniziato prima degli altri e, cercando, abbiamo trovato prima di altri, come ora sta succedendo anche in altre Nazioni, una serie di casi. Oggi l’indicazione anche per garantire la sicurezza e la validità complessiva del test, ma anche per mirare a quelle situazioni che interessano, i tamponi vengono eseguiti solo nei soggetti sintomatici. In questo caso ci interessa fare diagnosi.
In generale, per l’influenza, nonostante, normalmente, ci sono molti più virus che non è quello strettamente influenzale vero e proprio. Abbiamo in una stagione influenzale circa 262 virus. Salvo piccoli casi, noi non facciamo diagnosi, ci limitiamo a dire che abbiamo una sindrome influenzale, siamo generici. Invece, in questo momento, visto che questo nuovo virus è contagioso ed ha un’ampia diffusività perché tutti possiamo essere colpiti, poiché la normale influenza la schiviamo perché non tutti gli anni la subiamo.
Se la subiamo un anno o se ci siamo vaccinati, noi, in quota parte, durante una stagione influenzale, non la subiamo. Siamo a questo punto, a circa 6 milioni di casi di influenza stimati, in quest’anno: quindi non tutta la popolazione, né una parte rilevante.
La nostra azione è stata sicuramente utile perché nelle prime fasi è servita per tracciare e cercare di contenere quello che, ad oggi, è, tutto sommato, un focolaio relativamente e geograficamente ridotto. Oggi si mira a poter individuare quelle persone che sono contagiose. Perché, al di là di tutto, i soggetti più contagiosi sono quelli sintomatici.”
Cosa ne pensa della psicosi all’italiana?
“C’è un giusto panico che ci prende. Oltretutto la filmografia del recente passato ci ha prospettato quelle cose che vediamo. Quelle cose a cui stiamo assistendo. Ancora di più i film hanno anticipato la realtà. I film sono anche ben peggiori, ma alcune cose che vediamo assomigliano a questa realtà. Non è neanche semplice dire di non avere paura e di non cadere nel panico.
Anche gli psicologi affermano che si ottiene l’effetto opposto. In Italia, presumibilmente, si ha un’attenzione continua, come all’inizio dell’epidemia. Mi è capitato in una trasmissione che il conduttore interrompeva continuamente la discussione per segnalare il caso in più. Ovviamente tutto questo, sommato alla visione dei militari ad un check point, ad una persona crea agitazione.
Questo aspetto non dico che era impossibile da evitare, ma è servito per una prima fase per la responsabilizzazione della comunicazione. Io credo che oggi una trasmissione che permette di discutere per più tempo, può servire per una responsabilizzazione.
Passato l’effetto iniziale di shock, rispetto ad una situazione che, oggi, noi diamo per scontato. Nel passato, noi tutti, avevamo un rapporto con la vita, coi rischi, con la salute, con tutto, diverso. Purtroppo c’era paura dei guai. Oggi pensavamo di essere in grado di controllare la natura e di essere sicuri. Invece questa situazione ci ha buttato in una condizione di fragilità. Quindi sì, è vero, c’è una paura eccessiva che fa fare cose sbagliate. Però ci si abitua a tutto. In questo la responsabilizzazione e l’abitudine: il lavaggio delle mani, ad esempio, devono diventare un’usanza doverosa e necessaria.”
Come si devono comportare le strutture private? Che precauzioni dovrebbero avere? Ma se la soluzione per la non diffusione del virus è mettere in quarantena tutti, perché Napoli-Barcellona si è giocata con il pubblico? Gli animali vengono colpiti? Si trasmette agli animali domestici?
“Gli animali non trasmettono malattia. C’è stato un caso di un animale di compagnia di una persona che era positiva a cui è stato riscontrato una carica virale assolutamente irrisoria.
Per quanto riguarda la diffusione posso dire che c’è difficoltà delle scelte. Ho avuto la possibilità di collaborare con i decisori politici e di suggerire determinate azioni. E’ chiaro che devono essere realizzate in un’ottica di proporzionalità. E’ chiaro che ogni azione ha degli effetti pesanti e non c’è una perfetta possibilità di misurare i risultati. Non è che se si chiude un bar alle 18 piuttosto che alle 19 possiamo capire che miglioramento c’è. Certe decisioni sono state profilate con una mediazione. Ma con una mediazione politica in senso onesto del termine. Ottenere una riduzione della frequenza dei contatti e, però, cercando di rovinare il meno possibile, la qualità della vita. C’è una proporzionalità che, in qualche caso, può sembrare, a posteriori, inutile. Come negli USA: nell’epoca di Bush ci fu l’uragano Kathrina.
Il presidente venne pesantemente contestato perché, pur avendone avuto una previsione, non attuò una serie di interventi che misero in ginocchio una parte rilevante della Nazione. Un altro uragano, di cui non si ricorda neanche il nome, perché fu una pioggerellina banale, all’epoca di Obama ha creato polemiche pesantissime, perché, in quel caso, Obama aveva scatenato la Guardia Nazionale e ha fatto evacuare milioni di americani, in attesa di una pioggerellina.
Quindi i decisori politici sbagliano per definizione, perché nemmeno a posteriori si potrà capire se la chiusura dei voli da e per la Cina avrà agito in un senso o nell’altro. Sicuramente aveva la modalità e la finalità di ridurre i contatti. Ma i decisori politici devono essere sostenuti in questo momento, considerando anche il fatto che ci saranno decisioni che via via succedono.
Negli studi privati, a tutti i livelli, da quello ambulatoriale a quello odontoiatrico, bisognerà fare attenzione, almeno in Lombardia, nel resto d’Italia ci sarà un’attenzione differente, ad utilizzare gli strumenti di protezione individuale. Le mascherine chirurgiche vanno bene per ridurre la diffusione da parte di un soggetto sintomatico del contagio.
Possono servire per un’azione di assistenza diretta, quindi un familiare che abbiamo in casa. Perché come abbiamo detto, per fortuna, alcune persone stanno seguendo la degenza in casa con un decorso simil influenzale. In condizioni normali, lo studio odontoiatrico dovrebbe disporre delle mascherine, ormai famosissime, FFP2, FFP3, che hanno un filtro. In tanti mi dicono che, purtroppo, la situazione è pesante. Le mascherine non si trovano sul mercato o si trovano a prezzi esorbitanti. Come sempre c’è chi specula, in modo orrendo, sulla vita. Anche con i gel, i disinfettanti e quant’altro. In questo senso bisogna avere attenzione e bisogna attuare buon senso, in particolare con tutto il personale sanitario.
Il caldo potrà diminuire le possibilità di contagio?
“Le infezioni respiratorie, è ben noto, si diffondono più facilmente con il freddo e con gli sbalzi termici. Rimane un’incognita. Anche il virus H1N1, che è un altro virus pandemico, dell’inizio del 2009, conosciuto come “influenza suina”, si diffuse in un periodo relativamente caldo. Sicuramente spariscono le infezioni respiratorie, quindi non ci sarà questa angoscia rispetto a molte manifestazioni.”
E’ vero che il virus resta sui vestiti?
“La contagiosità maggiore avviene attraverso la respirazione, nell’immediatezza delle goccioline respiratorie emesse da una persona infetta e sintomatica. E’ chiaro che queste goccioline possono cadere sugli oggetti o sui vestiti e possono avere una certa sopravvivenza. E’ vero anche che dal momento iniziale dell’emissione, il virus si riduce di concentrazione. Cioè il numero di virus cala perché molti muoiono subito e via via, dopo mezz’ora la carica virale è assolutamente irrilevante.
Avete sentito che ci sono studi che dicono che un virus, da solo, in un angolino buio, può sopravvivere fino a 9 giorni, ma non è così potente da poter dare un’infezione. Il concetto che sta dietro all’attenzione e al lavarsi le mani è proprio questo. Evitare la possibilità di contatto con le goccioline che sono depositate sulla maniglia, piuttosto che su un oggetto o su un vestito di un soggetto che le ha emesse.
C’è possibilità di recidiva? Sembra che alcune persone che sono state dichiarate guarite, poi hanno ripreso il Coronavirus:
“Alcune persone, durante il decorso di malattia c’è stata una fase di maggiore capacità di risposta immunitaria, c’è stata una negatività al test. Ora, rispetto ad altre malattie, come per esempio l’epatite virale di tipo B, dove ci sono tantissime tipologie diverse di test con le quali possiamo capire lo stato, l’avanzamento, l’aggravamento o il miglioramento della malattia, qui abbiamo ancora pochi test. Nei fatti solo il tampone che ci mostra la presenza di virus che replica, a livello delle vie respiratorie, o dei prelievi di sangue che mostrano gli anticorpi. Tutto questo deve essere messo meglio a punto. Per ora riteniamo che in realtà si sia trattato di momenti di falsi negativi. Quindi c’è stata una malattia che è durata più a lungo, con un intermezzo che sembrava andasse verso la guarigione.”
Secondo lei, fino a quando dovremo lottare con il Coronavirus? Settimane, mesi o più tempo?
“Sicuramente mesi. Fino a stamattina ero più ottimista e quindi evidenziavo come nell’arco di questa settimana, dopo questa pesante scelta, di tutta questa serie di restringimenti, stavamo andando verso una situazione di miglioramento. Una doccia fredda, a dire la verità, quella che è stata l’ultima conferenza stampa della protezione civile, dove si vede un ritorno di fiamma. Soprattutto l’evidenza del problema che abbiamo posto. Questa patologia può portare a delle complicanze e non dobbiamo sottovalutarle.
In questi giorni, in alcune trasmissioni televisive, già cominciava ad esserci, in molti, la voglia di ricominciare. Come a dire, abbiamo fatto questo: è stato fin troppo. Il governo ha esagerato a somministrare questa medicina amara che ci rovina la vita. Abbiamo scherzato, ora ricominciamo. Invece, questa sera, le informazioni che abbiamo, contingenti, dicono che bisogna ancora sciropparsi questa serie di interventi. Avremo, nella prossima settimana, un quadro molto più chiaro.
Ci sono due possibilità: un quadro di diffusione più ampia, con effetti pesanti, ma lo credo poco verosimile. Credo che se non riusciremo a controllare questa malattia, la mitigheremo. Noi diciamo questo per dire che i casi, anziché essere concentrati e diventino un problema di sanità pubblica, possono essere diluiti nel tempo, dando la possibilità di curare tutti quelli che hanno le forme più pesanti. Per far capire che tutto questo ci porterà fin verso l’estate ad avere a che fare con questo problema. Forse e spero, via via, con una serie di liberazioni e di possibilità di riprendere le attività sportive comunitarie. Riprendere al meglio tutto quello che ci piace. Sono agnostico sul calcio, ma capisco e riconosco l’importanza di uno sport che fa vivere la comunità tutti quelli che lo praticano. Per avere una qualità di vita migliore.”