A. De Laurentiis: “Il challenge è una misura doverosa. L’arbitro? Ha l’obbligo di consultare il VAR”
Il presidente del Napoli al CdS parla di challenge e del VAR
Aurelio De Laurentiis è stato uno dei primi tra i presidenti dei club di A a credere nella nuova tecnologia ed anche uno dei primi ad invocare il challenge. La presa di posizione della Figc lo trova in piena sintonia. Ecco quanto detto nell’intervista al CdS: «È una misura doverosa, forse addirittura tardiva. Per me possono bastare due fiches, una per tempo, spendibili dagli allenatori. I quali hanno diritto di chiedere la verifica dei casi più dubbi e anche di recarsi davanti al monitor insieme con l’arbitro e pretendere una spiegazione della decisione presa. È un diritto sacrosanto».
E invece gli arbitri dimostrano di voler fare a meno del Var tutte le volte che possono. «Ho sempre sostenuto che è inconcepibile un sistema di assistenza in forma intermittente e facoltativa. Utilizzarlo deve essere un obbligo. Se l’arbitro, per incapacità o per altezzosità, non lo adopera, si macchia di un delitto sportivo, perché compromette un risultato calcistico. Ma il calcio non è solo un gioco. È anche un’industria che produce risultati economici molto significativi per l’intera filiera dello sport».
Vuol dire che il danno è più grave? «Faccia lei. L’arbitro dovrebbe essere il simbolo dell’equidistanza, dell’efficienza e della credibilità. Se si rifiuta di impiegare un mezzo che gli consente di raggiungerle fa un torto anzitutto a se stesso. Poi fa un danno sportivo e, di conseguenza, un danno economico che può essere rilevantissimo».
Presidente, ma il calcio è una giurisdizione domestica. Quale tribunale potrebbe riconoscere la risarcibilità dell’errore arbitrale? «È ora di finirla con questi falsi miti della giurisdizione domestica. Credo che ci sia materia per avvocati di livello. E il diritto talvolta apre brecce inedite. Mai dire mai. Come pure, che accadrebbe se cinque, sei, sette società, offese da torti arbitrali gravi, dovessero decidere di fermare il campionato? Forse sarebbe il modo traumatico, ma efficace per spezzare questo pressappochisimo e questa superficialità».
La Redazione