Basta poco…che ce vo’? E ti ritrovi, nuovamente, re. E’ la «dura» vita di Lorenzo Insigne che resta sempre sospesa in quel limbo tra il fenomeno da stadio e il giocatore men che normale, a cui è toccata una responsabilità troppo grande. «Ma questa vittoria è vostra, è di questa città». E’ stato tante cose assieme, Insigne, in questi mesi turbolenti: è divenuto il capo dei rivoltosi, il leader dell’ammutinamento, un reazionario… Poi, perché il pallone rotola e non sai mai quale traiettoria prenda, c’è scappata la resurrezione, graduale: due gol su rigore al Perugia, in coppa Italia, e la magìa con la Lazio, quella nella quale il talento è emerso compiutamente, in un nano secondo, ed ha riempito il San Paolo ed ha cominciato a cacciare via i fantasmi. Ma la Juventus sa di riabilitazione e persino di redenzione, perché dopo che per la gente – ma vai a capirne il perché – si è stati peccatori, l’assoluzione più immediata è nella madre di tutte le partite, che Insigne ha domato sacrificandosi e poi andando a scovare nel proprio patrimonio artistico la giocata dell’anno: è l’ottava rete stagionale, va a finire che pure stavolta riesca ad arrivare in doppia-doppia (perché gli assist, per il momento, sono cinque). Anche da reietto a re è niente.
CdS