«Non so se il Napoli avrà la forza morale per uscire fuori da questo momento, ma so che ha l’uomo giusto per farlo: Carlo Ancelotti. È stato proclamato ottavo miglior allenatore della storia del calcio. Pensate davvero che un altro tecnico possa riuscire dove non riesce Carlo?». Non lo dice uno qualsiasi. Lo dice Arrigo Sacchi, che in quella stessa classifica è al terzo posto, alle spalle di Rinus Michel e sir Alex Ferguson.
Ancelotti ha delle colpe? «Errare è umano, ma lui è un maestro. Un vero maestro di calcio. Io non conosco persona migliore nella gestione delle squadre di Carlo. Contestare uno come lui è roba da alieni: perché lui ha le competenze, le conoscenze, le capacità per tirarsi fuori da ogni situazione. Anche una come questa, che non è semplice. È fondamentale ritrovare la disponibilità dei calciatori a dare la vita in campo. L’impressione è che il problema del Napoli non sia di natura tecnica: se non c’è una interazione umana e psicologica, viene uccisa la qualità».
Il rifiuto della squadra ad andare in ritiro l’ha colpita? «È la conseguenza del non avere un gruppo coeso, che non insegue un obiettivo comune e in cui all’interno esistono rapporti deteriorati. Se uno in un posto ci sta malvolentieri, non riuscirà più a dare il meglio di sé. Succede in ogni posto di lavoro, o no?».
Certo, e allora che si fa? «Se uno vuole andare via, deve farlo. Le motivazioni sono alla base di ogni cosa e io sempre nelle mie scelte mi sono basato sulle ferocia mentale. Quando non la vedevo, mi fermavo a parlare col calciatore una, due e pure tre volte. Poi alla fine lo mettevo in panchina e magari chiedevo alla società di mandarlo via. Quando allenavo il Milan io cercavo prima gli uomini e poi i calciatori. Sapete perché non ho voluto Borghi che pure era sponsorizzato da Berlusconi? Perché non era un professionista serio. La testa viene prima delle gambe e dei piedi. Prendete Carletto: per imparare il ruolo di regista, veniva all’allenamento due ore prima e provavamo le situazioni di gioco assieme ai ragazzi della Primavera. Questi sì che sono esempi».
Pochi dubbi, quindi, che la strada maestra resta Ancelotti? «Il Milan mi richiamò dopo un bel po’ di anni. Aveva tanti problemi. La prima cosa che dissi fu: e voi pensate di poter curare la polmonite con una aspirina?».
Fa tristezza vedere Milan e Napoli così lontane dal primo posto? «Non me ne stupisco. Al Milan c’è un club che sembra quasi in amministrazione controllata, dove non si capiscono tante cose su chi fa le scelte. Il Napoli negli ultimi anni ha fatto più di quanto poteva, grazie a una gestione straordinaria di De Laurentiis: è arrivato tre volte secondo ed ha fatto un capolavoro perché parliamo di una società che non ha una grande storia».
Una volta era un duello che valeva lo scudetto? «Già, ma per il Napoli competere con il Milan quanto è costato? È stata la rovina economica, mi pare. Mi colpiva l’ingaggio di De Napoli: guadagnava il doppio di Franco Baresi. L’arrivo di Maradona aveva costretto a fare scelte che poi anni dopo sono state pagate a caro prezzo».
Lei si aspetta l’esplosione di Lozano? «La pazienza è figlia della competenza. Il nostro non è un Paese semplice, il nostro calcio ha tradito lo spirito dei padri fondatori: è difensivista e individualista. E allora arriva uno come Lozano e si ritrova davanti a sé 6-7 o anche 8 giocatori che pensano solo a difendere. Anche Platini ci mise sei mesi per capire il nostro campionato».
Cosa la entusiasma di più di questa stagione? «Lo spirito positivo che ha dato Roberto Mancini all’Italia, l’entusiasmo del suo gioco, l’impressione che chiunque va in campo con questa Nazionale ha voglia di spaccare il mondo. Una sensazione che non ho quando vedo il Napoli: perché non è solo la tecnica che fa vincere, ma anche i valori che uno ha. Non devono esserci eccessi di protagonismo, non deve esserci invidia…».
Sacchi, Sarri alla Juve la sta convincendo? «Ho visto solo due volte giocare la Juve come piace a me e a Maurizio: un tempo col Napoli e un altro con l’Inter. Ma la scelta di Agnelli ha dato una spallata al conservatorismo. Ma lui ha più difficoltà di quelle che incontrai io al Milan: non è semplice trovare la disponibilità di un gruppo che ha vinto otto scudetti a mettersi ancora in discussione. Vincere in Italia è un conto, vincere nel mondo un altro: se i giocatori seguiranno Sarri non vinceranno più solo in Italia..».
Fonte: Il Mattino