Emanuaela Schioppo si confessa a Il Mattino: “Sono un capitano silenzioso però alla base c’è il concetto di amicizia”
Il capitano del Napoli femminile ai microfoni de "il Mattino"
Dei suoi 28 anni, gli ultimi 12 li ha passati con la maglia del Napoli femminile. Emanuela Schioppo è l’altro capitano del calcio in città. Ha fatto un po’ tutto: prima attaccante, poi terzino, adesso difensore centrale. Ma non solo. Quello femminile non rientra nel calcio professionistico e per tanto gli stipendi non sono minimamente paragonabili a quelli dei maschi, ecco perché Emanuela alterna le sue giornate tra campo da calcio, scuola e pizzeria dove lavora come insegnante di educazione fisica e come cameriera. Ecco quanto detto dalla calciatrice azzurra nell’intervista a “il Mattino”.
Vista la lunga militanza in squadra ne è anche la capitana: cosa vuol dire per lei? «So bene di essere un punto di riferimento. Con le compagne si instaura un rapporto che va oltre il campo, Alla base di tutto c’è l’amicizia. E poi oramai sono diventata anche sensibile nel riconoscere i loro stati d’animo. Se loro hanno bisogno di uno sfogo sanno di poter contare su di me».
Lei che tipo di capitano è? «Sono abbastanza silenziosa. Parlo poco, ma lo faccio quando serve. Se c’è qualcosa che non va e lo riesco a percepire ne parlo con la ragazza interessate. Sono un capitano sempre disponibile quando ci sono problemi».
L’altro capitano a Napoli è Lorenzo Insigne: lei che idea si è fatta del momento degli azzurri? «Non so come avrei reagito. Ci sono varie dinamiche nello spogliatoio e dall’esterno è troppo difficile giudicare. Posso dire che ognuno gestisce le vicende in maniera molto soggettiva».
Una cosa è certa: i calciatori hanno disatteso una disposizione societaria abbandonando il ritiro. «Certo, sono professionisti e sono chiamati a rispettare delle regole. Noi non siamo professioniste, questo è vero, ma anche per noi il calcio è un lavoro e pertanto se la società ci impone delle cose noi le rispettiamo. Ci sono tanti sacrifici alle spalle della nostra vita».
A lei è mai capitato di essere mandata in ritiro punitivo? «Nel calcio femminile il ritiro non esiste quasi mai. Magari andiamo in ritiro un giorno prima ma solo per concentrarci meglio. E ci andiamo anche con piacere, perché noi giochiamo davvero per passione».
Una passione che però non basta dal punto di vista economico… «Non posso certo vivere di solo calcio. Noi tutte dobbiamo lavorare e fare anche altro».
E lei cosa fa? «Sono laureata in scienze motorie e ho un master in posturologia. E così di mattina lavoro come insegnante di educazione fisica a scuola e poi alleno le bambine del settore giovanile del settore giovanile del Napoli femminile».
E poi? «Nel fine settimane e in estate lavoro anche come cameriera in un ristorante a Posillipo. Sono cose delle quali vado fiera, perché rappresentano la mia grande voglia e professionalità».
Come è nata la sua passione per il calcio? «Faccio fatica a dirlo».
Perché? «Praticamente gioco da quando sono nata. Mia madre giocava quando era giovane e ricordo che andavo sempre a vedere mio fratello quando era a scuola calcio».
E lei come ha iniziato? «Per strada. Io sono di Posillipo e nel mio quartiere non c’erano squadre femminili, così ho iniziato giocando per strada: il mio stadio era piazza Salvatore Di Giacomo».
Poi? «A 17 anni sono entrata nel settore giovanile del Napoli femminile e già durante la prima stagione l’allenatore della prima squadra mi convocava con le più grandi».
Lei ha iniziato la sua carriera da attaccante, ma ora gioca difensore centrale. «Con gli anni la mia posizione è arretrata sempre di più, ma oggi per il ruolo che ricopro mi è molto utile il mio passato da attaccante».
In che modo? «Riesco a leggere bene le situazioni difensive e capisco prima quello che vogliono fare le mie avversarie, cosa che mi aiuta a cercare sempre l’anticipo».
Se guarda al passato del Napoli maschile in chi si rivede tra i capitani? «Direi in Paolo Cannavaro, anche se sono partita da attaccante, ma ora gioco in difesa e mi piace andare avanti e propormi. Da centrale sono un po’ più limitate le occasioni di fare gol, ma magari sui calci piazzati mi piace salire perché mi piace buttarla dentro».
La Redazione