Ferrari (Avv. sportivo): “I calciatori hanno il diritto di dire no!”
L'avvocato specialista in diritto sportivo ai microfoni del Corriere dello Sport
Luca Ferrari, avvocato specialista in diritto sportivo, è a capo della sezione sportiva di “Withersworldwide”, studio legale di respiro internazionale con sedi negli Stati Uniti, in Europa e in Asia che ha tra i suoi assistiti – da Jürgen Klopp a Nole Djokovic – le eccellenze mondiali. A Ferrari chiediamo di venirci in soccorso, per aiutarci a fotografare i giorni dell’ammutinamento di Napoli. Le sue parole al CdS:
Ferrari, con la ribellione dei calciatori sta cadendo un sistema? «Siamo di fronte a qualcosa di antico e di nuovo al tempo stesso. E’ antica la prassi di decidere in maniera arbitraria questi ritiri che hanno spesso una ragione punitiva, non certo tecnica. Ed è nuova la risposta dei giocatori».
Da un punto di vista giuridico cosa prevede il diritto sportivo a proposito del ritiro? «Esiste un accordo collettivo, che è il contratto base che regola il rapporto professionale tra il datore di lavoro e i lavoratori. L’accordo è una cornice entro cui muoversi. C’è certamente un vincolo di subordinazione, ma l’accordo non dice che il club ha il diritto di limitare la libertà dei dipendenti senza una reale strategia organizzativa».
Provi a spiegare. In questo caso esiste una strategia organizzativa? «Se devo fare due partite ravvicinate in trasferta il ritiro è normale, logico, funzionale all’organizzazione tecnica. Si fa, si è sempre fatto. Ma il ritiro deciso in modo arbitrario, con intenti che sembrano punitivi, non è previsto dall’accordo collettivo».
Ma di norma – nei secoli dei secoli – è stato sempre accettato. «Sì, quando c’è una consultazione società-allenatore-squadra. Ma non c’è un motivo per mandare una squadra in ritiro quando non c’è un’impellente ragione per farlo».
Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis nel comunicato in cui «affida la responsabilità decisionale sul ritiro» ad Ancelotti, ha parlato di «aiuto alla squadra». Ma in sostanza: cosa rischiano i giocatori con il loro rifiuto? «Direi che non rischiano nulla. Mi spiego: anche se nel Napoli esiste un codice di condotta interno con norme più sfavorevoli per i calciatori – penso ai diritti di immagine che sono di proprietà del club – questo codice non può prevalere sulle garanzie dell’accordo collettivo, come succede in ogni campo della società: i lavoratori sono sempre la parte debole».
Quindi i calciatori del Napoli hanno ragione? «Non lo so, non mi permetto di entrare nello specifico, non conosco toni e modalità usati se non per quanto ho letto sui giornali, ma posso dire che – se il comportamento dei giocatori non viola l’accordo contrattuale: e qui non mi pare che lo violi – allora non ci può essere un danno e di conseguenza una punizione. Mi sembra che manchi la violazione. Il ritiro di natura punitiva non è legittimo. A Napoli si è venuta a creare certamente una situazione assai delicata, ma considerate le premesse mi sembra che la situazione si possa riassumere così: tu società hai il diritto di chiedere il ritiro, ma io giocatore ho il diritto di rifiutarlo».
La Redazione