«L‘ammutinamento è l’elemento più grave di questa vicenda. Da appassionato sono preoccupato per il futuro: o si trova subito una via d’uscita o si rischia di mettere a repentaglio l’intera stagione, il passaggio in Champions e la corsa ai primi posti». A parlare è un super tifoso azzurro, il prefetto Bruno Frattasi, napoletanissimo, fine giurista, presidente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla criminalità organizzata. E grande esperto di calcio: non solo vede le partite del Napoli, ma ogni volta le rivede e le analizza come un navigato tecnico.
In tutta questa vicenda ha ragione la Società o i calciatori?
«Partirei con il dire che è un brutto momento per tutti, Società, squadra e allenatore. Parliamo di una Società che in questi oltre dieci anni di conduzione targata De Laurentiis è stata un modello molto invidiato da tanti club italiani, per efficienza in fatto di fair play finanziario, ma anche per risultati sportivi. Un club, che è riuscito negli anni a farsi apprezzare anche a livello europeo, rischia oggi di offuscare la propria immagine per un fatto che si poteva evitare e per il quale hanno sbagliato un po’ tutti».
Una responsabilità che secondo lei va suddivisa tra tutti i protagonisti di questa vicenda?
«Certamente l‘elemento più grave va ricercato nell’atteggiamento dei calciatori del Napoli, che hanno deciso l’ammutinamento. Ho letto dichiarazioni di legali esperti del mondo dello sport, che hanno chiaramente ribadito come i giocatori rischino ora multe salatissime. Non può essere tollerato questo comportamento, soprattutto quando intercorre un rapporto professionale tra una società e i tesserati-dipendenti. È chiaro che una richiesta del Napoli può anche non andare giù ai calciatori ma, se anche con un pizzico sulla pancia, si porta avanti e magari tutto si risolve in famiglia. Oltretutto il presidente ha chiarito che non si trattava di un ritiro punitivo, ma voleva far sì che si potesse ritrovare serenità all’interno del gruppo».
Questo avvenimento può creare una frattura insanabile tra squadra e società?
«Voglio sperare di no e per quanto la Società Calcio Napoli vorrà far valere le proprie ragioni in ogni sede competente credo che sia interesse di tutti trovare un accordo, con saggezza, senso pratico e anche con prudenza. Quando si accelera troppo, come avvenuto dopo la partita con il Salisburgo, a torto o a ragione si va verso un vicolo cieco dal quale si rischia di non uscire più. Più si ingarbuglia la situazione, più è difficile venirne a capo. Bisogna raffreddare gli animi e trovare una via d’uscita che salvi capre e cavoli. I giocatori devono capire di aver commesso una leggerezza, così come la presidenza deve coinvolgere di più l’allenatore prima di prendere decisioni drastiche come un ritiro (cosa che comunque pare abbia dichiarato di voler fare)».
Ancelotti non si è presentato ai microfoni delle tv e in conferenza stampa, secondo lei ha fatto bene?
«Il mister è una persona garbata, un cavaliere dello sport. Si può anche criticare qualche scelta tecnica, ma è sicuramente una persona perbene. Così come qualche giocatore può contestarlo perché gli preferisce altri calciatori, ma non gli si può non riconoscere questo pregio. Speriamo che sabato contro il Genoa, altra partita delicata, sia già recuperata la serenità che serve per scendere in campo con la testa sgombra da cattivi pensieri».
I calciatori, che guadagnano milioni di euro e dovrebbero essere da esempio per i ragazzi che li idolatrano, oltre a dover rispettare i tifosi della propria squadra, non avrebbero potuto evitare una presa di posizione così eclatante?
«Ribadisco che i giocatori hanno senz’altro fatto una cosa grave ignorando la decisione della società. Adesso bisogna capire le motivazioni, perché se è vero che c’era un accordo di massima con la Società per il rompete le righe dopo l’eventuale buona prestazione (e almeno per il risultato non è andata male) allora l’attenuante c’è. Seppur minima ma c’è».
Fonte: Il Mattino