De Giovanni: “Esonero Ancelotti? Gli vanno dati più poteri e maggiori responsabilità”

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Il calcio è un ambiente fortemente codificato, ha dei suoi riti quasi immutabili, ma quanto è avvenuto dopo la partita tra il Napoli e il Salisburgo è qualcosa che sfugge a ogni genere di catalogazione. Un allenatore che critica apertamente una decisione della società e ne legittima di fatto la scelta di ammutinamento da parte dei giocatori non si era mai visto. Maurizio De Giovanni, scrittore e sceneggiatore di successo, autore anche di libri che hanno raccontato il pathos dell’essere tifosi della maglia azzurra, è incredulo rispetto alla situazione del Napoli. De Giovanni, ricorda l’invettiva di De Laurentiis che «a Napoli non funziona un ca.. e l’unico vanto è il calcio»? Oggi non funziona neppure quello? «Ma non scherziamo, a Napoli ci sono centinaia di migliaia di aziende private che ottengono grandi risultati, abbiamo centri di ricerca medica di rilievo internazionale, eccellenze accademiche e tanto altro. Il Napoli è sano per il bilancio, non per risultati tecnici e la narrazione del “c’è rimasto solo il calcio” non può essere cavalcata, sarebbe un errore grossolano». Un Consiglio comunale che non raggiunge il numero legale e una mozione di sfiducia al sindaco, la tangenziale bloccata per lavori che chissà quando finiranno. Non piace neppure la narrazione del calcio come consolazione? «Da tifoso malato eviterei di rendere sostanza l’effimero. Anche perché quando l’effimero non va bene, come in questo caso, poi ci sembra che tutto vada male. Napoli ha problemi ben più gravi del calcio, la squadra non è un ente pubblico, ma privato». Un ente privato che ha quasi sempre voluto trattare i tifosi da clienti. Una società sana non avrebbe dovuto comunicare meglio alla sua clientela questa situazione? «Il tifoso non è un cliente, ma è un appassionato che mette tanti soldi nel sistema. Siamo preoccupati proprio per questa impossibilità di capire cosa sia accaduto, non vogliamo essere presi in giro. Vorremmo capire chi è contro chi: la società contro l’allenatore o viceversa, e la squadra contro chi ha preso questa decisione. La mancanza di chiarezza verso i tifosi è forse l’aspetto più grave». Da quanto ha avuto modo di apprendere, lei con chi si schiera? «Leggiamo sui giornali di una crisi sociale e civile di 10 mila persone che rischiano di perdere il lavoro all’Ilva di Taranto o delle centinaia di famiglie della Whirlpool: vedere i giocatori rifiutare due giorni di ritiro significa che non capiscono quanto siano fortunati. Compiono un gesto simile dopo una partita giocata male in cui hanno sbagliato tanti gol senza aver messo in cassaforte la qualificazione. Lo fanno con il Napoli settimo in classifica e che già a fine ottobre ha di fatto detto addio allo scudetto nonostante gli annunci. Poi c’è da capire anche un altro aspetto». Cioè? «La società aveva precedentemente concordato la decisione del ritiro con l’allenatore? Perché se non l’ha fatto, Ancelotti ha ragione, se si è trovato di fronte a un fatto compiuto senza essere consultato. In caso contrario anche lui ha legittimato la rivolta». L’allenatore va esonerato? «No, anzi gli vanno dati più poteri e di conseguenza maggiori responsabilità, da lui ci aspettiamo certezze: cambia sempre moduli e calciatori senza dare equilibrio alla squadra. Al suo secondo anno ci si aspettava che la continuità tecnica fosse un valore, invece ci ritroviamo di fronte a un film già visto con dinamiche simili a quanto già accaduto con Sarri e Benitez». La multa ipotizzata ai giocatori può essere una soluzione? «Sono loro che scendono in campo, non vorrei fosse controproducente per noi tifosi».

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Fonte: Il Mattino

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