Sente «4 volte» (lo dice a Kolarov) i cori di discriminazione territoriale, ferma la gara 2’ e ringrazia Dzeko. E’ stato il primo arbitro (italiano) a sospendere una partita di Serie A (Milan-Roma, 12 maggio del 2013) per cori razzisti (contro Balotelli). Dopo di lui, Irrati (Lazio-Napoli contro Koulibaly), Gavillucci (Samp-Napoli, discriminazione territoriale) e Orsato (quest’anno, Atalanta-Fiorentina, cori contro Dalbert) gli unici ad avere il coraggio di prendere posizione (lo stesso che non ha avuto Mazzoleni in Inter-Napoli del dicembre 2018, ma come diceva Manzoni, chi il coraggio non ce l’ha mica può darselo). In mezzo, tante giustificazioni (proprio dopo quell’Inter-Napoli) su chi deve fermare cosa, sul protocollo da seguire, un pietoso scaricabarile davanti ad un problema serio. Perché che sia razzismo o discriminazione territoriale, è davvero una piaga vergognosa che in Italia facciamo fatica a debellare. Gianluca Rocchi, a modo suo, ha sicuramente dato il suo contributo. Sei anni fa e ieri pomeriggio, quando – anche su segnalazione di Koulibaly – ha fatto prima fare l’annuncio, poi ha sospeso la partita, radunando le due squadre a centrocampo. Ricevendo immediato aiuto da Dzeko che, da capitano (ma soprattutto da uomo che di mondo ne ha visto parecchio e che odia ogni forma di discriminazione), ha incitato l’Olimpico a tifare per la Roma e basta. Protocollo (Uefa) rispettato, problema – almeno ieri – risolto.
Fonte: CdS