M. Hamsik: “Che brividi i cori e lo striscione nel nuovo San Paolo. Il VAR? A cosa serve?”

L'ex capitano del Napoli intervistato dal Corriere dello Sport

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L’ex capitano azzurro Mare Hamsik è tornato in città. Forte il legame col suo passato, la gente di Napoli e il colore della maglia che lo ha reso grande fino ad arrivare ad essere il capitano e il miglior bomber del club. Ecco quanto riportato dal Corriere dello Sport. 

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Che effetto le ha fatto, Marek? «Belle sensazioni, enormi emozioni: la telefonata con il presidente il suo desiderio di organizzare qualcosa per il 10 dicembre, l’abbraccio del San Paolo rimesso a nuovo, lo striscione della curva B, il coro. Io sono fiero di questo rapporto che si è instaurato con la città, penso che sia probabilmente unico e sono convinto che resterà tale per sempre».

Cosa le manca? «Mangiare bene e l’ho fatto subito: con tanto di scarpetta, come si usa qui. Poi sono stato a cena con un po’ di compagni, con Mertens e Callejon, con Koulibaly e Ghoulam, con Hysai e Mario Rui. A Castel Volturno vado oggi».

Ma come fa a sedersi a tavola con Mertens, che vuole “strapparle” il trono? «E infatti mi ha detto: hai chiamato Ancelotti per dirgli di non farmi giocare. Ma Dries è un ragazzo straordinario, al quale posso solo augurare tutto il bene del Mondo. Lui è uno scugnizzo, quasi quanto Insigne, che però è quello originale, è nato e cresciuto qui ed ama questa maglia». 

L’Italia del calcio non l’ha stravolta, ha rivisto cose… «Ho ritrovato le stesse: ma come si fa a non dare un rigore come quello dell’altra sera?. E’ pazzesco. Si vedeva dalla tribuna che Kjaer, perso il contatto con la traiettoria del pallone, ha cercato quello con Llorente. E la mano dell’attaccante punta a difendersi. E a cosa serve il Var? Ce l’hai, vallo a vedere: otto minuti persi inutilmente, in polemiche. Sugli episodi ci sarebbe da parlare per un bel po’ ma ormai è andata e voi lo sapete come sono fatto io: sono di pochissime parole. Non sono cambiato in questi mesi».

De Laurentiis non l’ha toccata piano. «E’ così e va condiviso: ci mette il cuore in quello che fa. E io ho visto le facce di Ancelotti, quelle dei mie compagni, dello staff medico, dei massaggiatori. Erano delusi, come se gli fosse stato sottratto qualcosa».

Ma in campo come aveva giudicato il suo Napoli? «Per mezz’ora, una grande squadra, un calcio incredibile, bellissimo e peccato non averla chiusa lì, con tutte quelle occasioni. Ma la vittoria era meritata egualmente, il risultato è bugiardo, è falso. Per me rimane la prestazione di altissimo livello e ciò mi lascia pensare che il Napoli possa continuare ad esprimersi così. La solidità difensiva, la concretezza, la personalità: mi ha impressionato e mi ha convinto che bisogna essere fiduciosi. Ci sono i mezzi per rimanere lassù e riavvicinarsi». 

Intanto sono otto punti dalla Juventus. «Ma non è finita, la stagione è lunga, è appena cominciata, anche se è difficile farsene una ragione. Sono stati buttati via i due punti di mercoledì e i tre con il Cagliari, che ho visto in tv, ed era una partita stravinta e invece poi è andata perduta. Non è semplice per me seguire il Napoli, spesso gioca quando in Cina sono le tre di notte, ma quando posso ci sono e ho un quadro abbastanza preciso: la squadra è equilibrata, contro l’Atalanta ha prodotto anche tantissimo, ha una sua identità e forse le manca un pizzico di concretezza, o perlomeno così è andata stavolta. Ma io non mi lascio ingannare dal risultato finale».

L’Inter va. «Ha la mano di Conte, di un allenatore che incide e dà una marcia in più. Ne ho parlato con Skriniar in Nazionale e me lo ha confermato: è un martello, è uno che lascia il segno e che ti cambia».

In Champions è un altro Napoli. «A me sta piacendo anche questo del campionato, anche se le distanze incidono sul giudizio. Ma contro il Liverpool è stato immenso. E ora il 10, quando verrò qua, spero che si riesca a passare il turno. Le condizioni sono già state create, anche con il successo di Salisburgo».

Parla da napoletano. «Qui ci sono stato dodici anni, ho tanti amici».

E si è lanciato nel futuro.  «Produciamo prosecco, l’idea me l’hanno data Franco e Arturo che conoscono i Serena, un’azienda a conduzione familiare che da cinque generazioni è in questo mondo. Ora papà e mio zio Dusan, se ne occuperanno in Slovacchia, dove sta andando già bene. Il brand tira, lì vendiamo anche rossi, bianchi e il rosato, qui solo le bollicine per il momento: ma faremo altre cose».

Non mancherà il 17, immaginiamo. «Le rubo l’idea, mi piace».

Arriva e ritrova Benitez… «Leggo dai giornali che c’è qualcosa e allora gli scrivo. Lui non mi risponde e poi quando arriva viene subito da me: ho letto il tuo sms, ho preferito evitare per non crearti imbarazzo con la società e con i compagni. Abbiamo uno splendido rapporto, gioco centrale adesso».

Fabio Cannavaro vive una vicenda paradossale. «So quello che sapete voi. Non ho avuto modo di parlare con Paolo, con il quale mi sento spesso».

A Mertens ha spiegato la Cina? (sorriso). «Gli ho raccontato della mia esperienza, tutto qua».

Callejon la raggiungerà… (risorride). «Allora lei è un pezzo avanti a me».

Come la mettiamo: come andrà a finire? «Non so: io, a parte i primi tempi, che sono stati duri, mi sto trovando bene, è un mondo e una cultura nuova, da vivere. Però spero che trovino l’accordo e restino: loro, come me, hanno fatto una parte della Storia di questo club».

Non poteva finire qua, la sua carriera? «Ci ho pensato e magari sarebbe successo. Poi sono arrivati dalla Cina ed è cambiato lo scenario. Non credo sia più possibile adesso, quando scadrà il contratto avrò la mia età. Magari potrò inventarmi un altro ruolo: ambasciatore del Napoli. E non mi dispiacerebbe. Intanto sto per aprire una scuola calcio in Slovacchia, voglio fare qualcosa per i giovani, per i bambini».

Ma Zielinski è il suo erede? «Uno dei più forti con il quali mi sia mai allenato, un talento incredibile e anche con l’Atalanta ha giocato una gran partita. Gli manca soltanto il gol. E ho visto benissimo pure Fabian. Ma a me sono piaciuti tutti, è piaciuta la squadra». 

Una volta disse: devo tatuarmi lo scudetto del Napoli. «Per me questo club, questi amici, hanno una forza dentro che può consentire loro di recuperare. E possono semplicemente sperare, adesso, che ciò accada. E dovesse succedere, ovviamente si brinderebbe con le mie bollicine». 

La Redazione

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