La storia di Stefan Schwoch che oggi festeggia 50 anni
Maradona era andato via da otto anni e De Laurentiis sarebbe arrivato dopo cinque (e dopo il fallimento). Sul grigiore di quel Napoli allenato in serie B da Renzo Ulivieri piombò improvvisamente lui, Stefan Schwoch, classe 1969, attaccante del Venezia in serie A. Fu scelto per restituire vigore all’attacco spento. Lo sollecitarono i tifosi e anche la «Iena» Peppe Quintale, che gli regalò una t-shirt portafortuna: «Mettila sotto la maglia azzurra e vinceremo». Arrivò il successo per 2-1 sulla Lucchese il 6 gennaio 1999, ma quel Napoli non riuscì a rimettersi in carreggiata e a risalire verso i primi posti della classifica.
Schwoch, che oggi festeggia 50 anni, sarebbe stato l’assoluto protagonista della successiva stagione, quella del ritorno in A. In panchina Novellino, in campo lui, bomber di categoria (non si è mai offeso), e un po’ di giovani: Oddo, Matuzalem, Troise, Mora e Stellone tra questi. Tra i pali esplose Coppola, figlio del fabbro di Soccavo: sapeva come blindare la porta della squadra che Stefan – altoatesino di origini polacche e siciliane – trascinò con i suoi 22 gol. Eguagliò il record di Vojak e sarebbe stato superato anni dopo da due fuoriclasse stranieri, l’uruguaiano Cavani (29) e l’argentino Higuain (36). L’ultima perla nella prima domenica di giugno del 2000 a Pistoia, la rete della promozione. I tifosi invasero il campo per anticipare la festa e Ferlaino li fermò dalla tribuna urlando al microfono: «Uscite o ci danno partita persa a tavolino».
Un anno e mezzo in serie B, 57 partite e 28 gol. Pagato al Venezia 3,5 miliardi di lire e rivenduto al Torino per 10. A Schwoch sarebbe spettato di diritto il posto in serie A dopo la promozione, però il nuovo allenatore Zeman, i due patron Corbelli e Ferlaino e i loro consulenti decisero che nel Napoli avrebbe giocato un altro attaccante, Amoruso. La prese male, Stefan, che non aveva per un solo attimo esitato davanti alla proposta del Napoli nel dicembre del 98. «Ero a Venezia, in A, ma non andai in B: andai a Napoli, dove giocavamo sempre davanti a 50mila spettatori. Quando dissi a mia moglie che ci saremmo trasferiti in quella città, lei rispose: io laggiù non vado. Ma quando rifacemmo le valigie per Torino lei sospirò: io lassù non torno», ha raccontato Schwoch, rimasto nel cuore dei tifosi a cui aveva restituito il sorriso. Il Napoli, precipitato in serie B dopo 33 stagioni e i due scudetti, era stato consegnato ad Ulivieri che aveva fatto faville a Bologna. Squadra deludente finché non arrivò Stefan, con cui vennero poste le basi per la successiva bellissima stagione, con il San Paolo sempre pieno e festante.
Conclusa la carriera, Schwoch ha vissuto una breve esperienza da dirigente del Vicenza, poi si è dedicato all’attività di consulente finanziario. Gioca a golf e fa l’opinionista televisivo. A Napoli si vede spesso per partite del torneo intersociale e appuntamenti nello studio dell’amico odontoiatra Di Stasio. Tifoso del Napoli sempre, come il figlio Jacopo, con cui incise una canzone negli anni napoletani. Così lontani da questi, però lui sapeva riscaldare il San Paolo con i suoi dribbling, la sua corsa, i suoi gol, il suo orgoglio di ragazzo del Sud nato per caso a Bolzano.Fonte: Il Mattino