Mentre nei Quartieri Spagnoli, come nel Rione Sanità, si torna a sparare all’impazzata, c’è chi sta tentando di salvare dalla strada 80 ragazzini. Tutti provenienti da famiglie con storie complicate alle spalle, ma tutti uniti dalla passione per il calcio. Si è deciso così di mettere in piedi una squadra dilettantistica, la Spartak San Gennaro, che da agosto si è costituita come associazione sportiva iscritta alla Figc. Alessandro Ventura, uno dei tre allenatori (le squadre sono divise in tre categorie: pulcini, esordienti e giovanissimi) racconta come quattro mesi fa sia cominciata questa esperienza senza un pallone, una maglia, una tuta. «Grazie alla solidarietà di qualche singolo, associazioni della zona e con piccoli contributi da parte dei familiari dei bambini coinvolti spiega Ventura – siamo riusciti a coprire le prime spese. A comprare le magliette per i ragazzi, qualche pallone e le scarpette per giocare. Ciò che chiediamo da due mesi al Comune è la possibilità di utilizzare un campo di calcio due volte a settimana per gli allenamenti, due ore al giorno. Purtroppo ci è stato negato». Il Comune chiude le porte in faccia ai piccoli dei Quartieri, del Pallonetto, di Montesanto, di Materdei, che due giorni fa, per protesta, sono andati ad allenarsi sotto Palazzo San Giacomo, con tanto di porte, palloni e pettorine. Perché puntate il dito contro l’amministrazione comunale? «Ad agosto eravamo riusciti ad ottenere, dopo lunghe interlocuzioni con gli assessori allo Sport e al Welfare, Ciro Borriello e Roberta Gaeta, l’accesso al campetto di calcio del parco dei Quartieri Spagnoli, di fatto inutilizzato. Prima il parco chiudeva alle tre di pomeriggio, dunque nessun bambino andando a scuola poteva usufruire della struttura, che si trova all’interno del palazzetto Urban. Ci siamo battuti per chiederne l’apertura pomeridiana e siamo riusciti ad agosto ad avere il via libera».
Quindi il Comune vi aveva concesso il campo? «Esattamente. Ci era stata data l’opportunità di allenarci gratuitamente, non avendo alcun fondo da mettere a disposizione».
Dopo cosa è successo? «Venerdì pomeriggio siamo andati ad allenarci e ci è stato comunicato che l’assessore Gaeta, non conosciamo i motivi, avrebbe inviato una comunicazione ai responsabili del palazzetto Urban per negarci l’accesso. Non avendo un luogo dove poter giocare e soprattutto in vista dei campionati, ai quali siamo intenzionati a iscriverci, siamo andati ad allenarci sotto la casa comunale. L’unica forma di protesta che conosciamo è il pallone e lo abbiamo spiegato anche ai bambini, che ci hanno chiesto come mai andassimo ad allenarci per strada».
Adesso cosa farete? «Continueremo ad andare a piazza Municipio fin quando non avremo una risposta. Rischiamo seriamente di non iscriverci ai campionati, ma soprattutto di far fallire una esperienza nata completamente dal basso, senza fondi, senza scopi di lucro. L’unico modo che conosciamo per tenere questi ragazzi lontani dalla strada è farli impegnare nello sport».
In caso non doveste ottenere risposte dal Comune? «Il rischio è di rispedire nuovamente questi ragazzini nei vicoletti dei loro quartieri, con tutte le problematiche che conosciamo. Vogliamo soltanto salvarli dalla strada e chiediamo alle istituzioni una mano. Non vogliamo un euro, solo un campetto per rendere possibile il loro sogno. Che poi è il nostro sogno».
Avete tentato di contattare l’assessore Gaeta? «Tenuto conto dei risultati vogliamo poter parlare con il sindaco de Magistris, l’unico che può assumersi la responsabilità di certe decisioni. Noi non vogliamo gestire il palazzetto Urban o cose simili, ma solo allenarci due volte a settimane».
La Spartak San Gennaro come nasce e perché? «Parliamo di calcio popolare e non semplicemente di scuola calcio, perché la nostra attività, oltre a essere totalmente volontaria e no profit, guarda al calcio come forma di legame sociale intorno a cui costruire relazioni più aperte e solidali. È questo l’obiettivo che ci ha spinto a creare questo progetto, che parte da un gruppo di abitanti del quartiere, che da anni cercano di creare dei legami di partecipazione, per costruire una comunità solidale e rivendicare spazi e opportunità di sport e cultura per i bambini e i ragazzi dei quartieri popolari del centro antico di Napoli. In quest’ottica è stata pensata la formazione di una squadra di calcio, un percorso autonomo finalizzato all’aggregazione attraverso la passione sportiva e a costruire legami comunitari nel rispetto delle differenze, contro ogni razzismo e sessismo».
Domani avete organizzato un evento per raccogliere fondi? «Maria Nazionale, Franco Ricciardi, Luca Zulù, Dario Sansone e tanti altri artisti parteciperanno al concerto che si terrà domani sera allo Scugnizzo Liberato per sostenere questa esperienza. Interverrà anche Gianfranco Gallo che da tempo sostiene questa iniziativa. Ci sarà poi una campagna di crowdfunding e azionariato popolare».
Quanto costa mantenere una squadra di calcio? «Iscriversi ad una federazione, noleggiare un campo per gli allenamenti e per le partite, tesserarsi ed effettuare la visita medica agonistica sono operazioni che, sommate, finiscono per costare diverse migliaia di euro, che ogni realtà del calcio popolare deve cercare di procurarsi attraverso benefit e piccole trovate commerciali di vario genere».
A cura di Valerio Esca su Il Mattino