A. Giordano (CdS): “Il Napoli è grande ma deve capirlo “

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Il commento di Antonio Giordano sul Corriere dello Sport:

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Questa è una squadra vera, ma forse non lo ha ancora capito del tutto, non ne è convinta o non è stata ancora in grado di avere completa percezione di se stessa: lo è da almeno sei anni, da quando è uscita di casa verrebbe da dire, da quando s’è arricchita di quell’aura d’europeismo che l’ha svestita, di fatto, d’una pure solenne autorevolezza giovanile, e che le ha consentito di crescere. Ma non si è mai troppo grandi, troppo adulti, se non si percorre il processo di maturazione fino in fondo, se non si attraversa le varie fasi di un’evoluzione che non è solo tattica, ma pure umana. Il Napoli di Ancelotti riflette, a volte, quello di Benitez, quello di Sarri, resta dentro la sua beata, meravigliosa gioventù, la esibisce come un gioioso Peter Pan, mostra l’esuberanza, la stravaganza e il suo smodato talento e poi, come se frenasse, per paura o per limiti valli a capire, rimane inchiodata all’età dell’innocenza, oltre la quale non si spinge, e resta ad aspettare che arrivi Babbo Natale. Ce ne sono di precedenti e lo sviluppo, scandito negli anni, sbatte quasi sistematicamente dinnanzi a un fotogramma – sia d’una partita sola o anche persino di un episodio – che costringe a ricominciare faticosamente, frastornati da una frenata che induce a vacillare con le proprie certezze. Il Napoli non è uno schema, un sistema, un dettaglio tecnico, e altro: è un ventaglio d’idee che sorge attraverso la genialità dei suoi interpreti, una (a volte) maestosa interpretazione che schiude orizzonti e apre alle iperboli, almeno sino a quando la realtà irrompe e prepotentemente scaccia via la fantasia. Il Napoli di Benitez, il primo a internazionalizzarsi, l’unico che sia stato capace di vincere una coppa Italia e una Supercoppa italiana e di essere sbattuto fuori in semifinale d’Europa League da se stesso e però da due arbitraggi assai discutibili. Ci mise del suo, tanto per fare qualche esempio, finì fuori dagli ottavi di Champions con dodici punti nei gironi ed errori onerosi (con il Borussia e poi a Dortmund) e perse la qualificazione ai preliminari di Champions al San Paolo, con la Lazio, all’ultima giornata; quello di Sarri, ed è ancora una cicatrice che si vede, s’accorse che gambe e neuroni s’erano spenti in albergo, a Firenze, davanti alla tv, durante un’Inter-Juventus che lo fiaccò; e c’è quello di Ancelotti, adesso, vale a dire il padrone della Champions, il “papà” più autorevole per questa squadra che dovrà pur capire di dover dimostrare, con il Genk e non solo con il Liverpool, che la linea d’ombra è ormai superata”. 

Fonte: CdS

 

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