Ancelotti a “difesa” di un modulo che gli è costato caro!
Re Carlo ripercorre le tappe della sua carriera, dal sacrificio di Baggio ai giorni nostri
Il 4-4-2, che Ancelotti ha utilizzato a Napoli nella scorsa stagione (dopo il 4-3-3 delle prime tre partite) e che sembra un’opportuna idea per ridare equilibrio alla squadra, è stato il modulo che ha ispirato Carlo quando ha iniziato a fare l’allenatore. Ma anche quello che a Parma, nella prima importante esperienza della sua carriera dopo l’apprendistato nello staff federale del CT Sacchi e la stagione alla Reggiana, gli ha creato problemi. «Conoscevo solo quel sentiero e ho pensato di seguirlo» ha spiegato nell’intervista a Paolo Condò per «Mister Condò», la rubrica di Sky dedicati ai maestri della panchina. A causa del 4-4-2, all’inizio tenacemente difeso da Ancelotti, Zola – arrivato a Parma da Napoli nel 1993 per 13 miliardi di lire – chiese di essere ceduto e si trasferì al Chelsea, dovrebbe sarebbe diventato un idolo. E sempre per il 4-4-2 Carlo chiese al patron Tanzi di non acquistare Roby Baggio. «È vero, non l’ho voluto. Me ne pento ma era frutto dell’inesperienza. Il Parma sarebbe stato qualitativamente migliore con Baggio. Sacrificai la qualità della squadra per il sistema, ma da quel momento cambiai il mio modo di pensare». Il tecnico ha confidato a Condò che cominciò a modificare le sue idee e a diventare duttile alla Juve, probabilmente la tappa più sofferta della sua carriera, perché non avrebbe potuto far giocare Zidane – il miglior trequartista d’Europa in quel periodo – sulla fascia. E allora cambiò assetto, come ha spesso fatto nella sua carriera. Perché non ha più avuto in testa solo e soltanto il 4-4-2, appreso alla scuola di Sacchi. Nei ragionamenti di Ancelotti c’è una considerazione chiara, in antitesi con il rigore del Vate di Fusignano, l’allenatore che più di tutti lo ha valorizzato da calciatore e che lo ha avviato alla carriera di tecnico: «Bisogna adattarsi alle caratteristiche dei giocatori che si hanno a disposizione e in base a ciò scegliere l’assetto più opportuno. Perché i giocatori devono sentirsi comodi in campo, nella posizione giusta, e non sacrificarsi per il modulo. Sono loro la cosa più importante, non l’allenatore o il gioco e l’ho imparato. Non c’è un sistema vincente, ma quello che conosci meglio o peggio»