Ci sono uniformi belle e discrete, tipo quella a sottili righe bianche e celesti della Spal, altre solo belle come quella color oro che la stessa Spal userà in altre occasioni. Dovessimo elencare le più eleganti staremmo freschi, il che di mezza estate può anche essere un bene. Ma risparmierete tempo guardandole e giudicandole da voi: sono tutte qui accanto. Le seconde della Sampdoria e della Lazio rubano gli occhi, la prima dell’Inter ruba la pazienza con quel logo dello sponsor applicato su un ritaglio di stoffa con le righe oblique, un trompe-l’oeil che certamente produce l’effetto migliore quando si guarda da lontano, dalle tribune dello stadio. In molti casi le maglie sono tre e spesso la terza è la più affascinante di tutte, realizzata con colori profondi, delicatezza di accostamenti e nessuna ansia di meravigliare.
L’abbiamo detto: più che a distinguere la maglia serve a distinguersi, più che a caratterizzare serve a stupire. Il verde humus della seconda del Napoli è un esempio, gli scacchi rossi e blu della prima del Barcellona – non la trovate in queste pagine dedicate alla Serie A – un altro. Tutte le divise sono studiate per essere differenti e alcune sono più uguali delle altre. Quelle italiane stanno in una casta particolare. In media sono le più care d’Europa: se le volete complete di nome del calciatore e numero dovete aggiungere da 5 a 15 euro alla somma che chiedono all’estero. Dicono sia perché da noi c’è un fiorente mercato di falsi che stordisce il mercato. Sarà, ma a occhio conta pure il fatto che le squadre italiane preferiscono campare dei diritti televisivi, pochi, maledetti e anticipati. Le maglie competono tra loro, invece, e si calcola che per esempio alla Juventus l’arrivo di Cristiano Ronaldo abbia portato 12 milioni di euro supplementari in merchandise e diritti di licenza. Puoi farle spettacolari, orrende o dignitose, conta sempre quello che ci metti dentro. Fonte: Cds
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