Approfondimento – Dimaro, prima uscita della Tangenziale di Napoli…
E poi c’è qualcosa che va oltre il campo, oltre il mercato, la posizione sul terreno di gioco di Rodriguez, i numeri e gli schemi che ne conseguono. E’ quel qualcosa che vivi, vedi e senti a Dimaro, prima uscita della Tangenziale di Napoli. E’ quel qualcosa che ti sorprende sempre e mette da parte tutti gli stucchevoli discorsi sul sarrismo e l’ancelottismo e le diatribe, ormai senza sapore, tra i pro AdL e i contro AdL. E’ un qualcosa che ritrovi nella lingua, sì, proprio quella e nei colori. Si è abituati a pensare al Napoli come a qualcosa che “vive”, sente e pensa, perso nell’ abbraccio tra il Golfo e l’occhio vigile del Vesuvio; beh, basta farsi un giro per le Dolomiti in questo periodo dell’ anno, per accorgersi che non è così. Biondi, moltissimi sono biondi e di azzurro non hanno solo la maglietta e il cappellino, ma anche gli occhi. Non sentirai mai un “Mamma do’ Carmene” uscire dalle loro bocche, perchè non lo sanno dire, perchè le loro imprecazioni sono altre, magari dette con accenti più dolci, utilizzando tonalità diverse, con vocali meno o più aperte; quando parlano non si “mangiano” l’ultima vocale e sembra che l’iconicità immediata del vernacolo di Partenope, perda colore, invece…E’ proprio con quel tono diverso, con la forza prepotente e dirompente di quel loro veneto, trentino, emiliano, piemontese, che si ribadisce un concetto universale, un concetto che unisce, quel “Forza Napoli” urlato e che li riporta a quel napoletano ormai “distante” dei loro genitori. Oggi, addirittura, si andava al di là dell’ italico stivale. C’era la Germania e il suo “parlato” gutturale in fila per comprare un gadget, un pensiero, qualcosa di azzurro per confermare e ribadire, semplicemente, ciò che si è. Napoletani, forse di seconda, terza generazione e tifosi del Napoli. Signori, questa è la forza di una squadra di calcio, questa è Dimaro in questo momento. Un luogo “scelto” per ricompattare, dove una maglietta non è una maglietta ed una bandiera avvolge ancora, dove la tua squadra di calcio “serve” per farti dire al resto del mondo che l’accento può, cambiare, ma il sentirsi tutt’ uno con qualcosa di grande, quello no, quello resta. Si chiama Napoli, signori, e giù il cappello!
a cura di Gabriella Calabrese