Fernanda Colombo Uliana (arb.): “Essere donna non mi ha aiutato”
Tutto in un fazzoletto. Venti milioni di visualizzazioni e mezzo milione di follower su Instagram. Fernanda Colombo Uliana una volta era considerata l’arbitro più attraente del mondo. Prima era una modella, come riporta il CdS, prima ancora una calciatrice dilettante. Adesso fa la giornalista. E’ del 1991, ci sta tutto in quel fazzoletto di vita. Qualche giorno fa l’hanno invitata a dirigere una partita All Star in Ecuador e lei ha fischiato un fallo a Damian Diaz. Che ha chinato la testa, attendendosi l’ammonizione. Invece del cartellino giallo, la Colombo ha estratto un fazzoletto. Finta geniale, con un tocco simbolico. Le immagini hanno invaso la rete. Con gli effetti collaterali del caso. Le hanno inviato una mail in cui le offrivano di diventare escort, sottolineando i guadagni potenziali. Lei confessa di essersi sentita trattata da spazzatura. Effetti meno sgradevoli: il mondo ha scoperto la brasiliana Fernanda Colombo, arbitro della sua vita. Anche noi.
Adesso però ci racconta come le è venuto in mente. «L’avevo visto fare a un altro arbitro. Su YouTube si trovano di queste cose. Così ho pensato: adesso scherzo anch’io. Giuro, mai e poi mai avrei pensato che quel video avrebbe girato il mondo».
In effetti lei era già piuttosto nota. Per essere arbitro, donna, attraente e apprezzata. «Ho già detto che essere donna non mi ha aiutata».
Ha detto anche che non l’ha aiutata essere bella. «Non avrei mai usato questi termini. Ho detto, ripeto, che non mi ha aiutata essere donna. Quante donne arbitrano in Serie A, in Italia? Poi se una donna nel calcio commette un errore la valutazione diventa brutale. Verso gli uomini c’è maggiore indulgenza».
Lei sa esattamente di che cosa sta parlando. «Ho sbagliato durante una partita importante, in cui ero guardalinee. Il presidente della squadra danneggiata mi ha offeso pesantemente. Però mi ha ferito di più non aver ricevuto solidarietà. Non sapevo che cosa fare, nessuno mi ha dato un suggerimento».
Però non ha smesso per questo. «No, ho smesso perché non volevo arrivare a quarantacinque o cinquant’anni senza una professione. In Brasile gli arbitri restano dilettanti. Così mi sono messa a studiare giornalismo sportivo».
E da giornalista ha avuto parole pesanti nei confronti di Messi. «Che giornalista sarei se non esprimessi opinioni forti? A me piace Messi come calciatore. Più quando gioca nel Barcellona che quando è in Nazionale. Se lui non ha avuto problemi a dire che la Coppa America è stata decisa a tavolino, io non ho problemi a dire quello che penso. Anche se è vero che l’arbitraggio ha danneggiato l’Argentina».
Dopo quel video le hanno offerto, per burla o per davvero, di diventare una escort. Ma proposte serie da cinema e televisione niente?
«No, e lo trovo incredibile. Amo il calcio, mi sono impegnata per diventare giornalista e l’unica offerta significativa mi è arrivata dalla lega dell’Ecuador: dirigere quella partita del video. Devo ringraziare le persone che hanno pensato a me. Mi hanno rispettato come donna e come professionista».
Com’è nata la sua passione per il calcio?
«A tredici anni andavo allo stadio a vedere la squadra della mia città, Criciuma, nella regione di Santa Catarina. Ho giocato all’università. La mia famiglia non mi ha mai ostacolato. Al contrario, sono sempre stata incoraggiata a fare ciò che mi rende felice. E il calcio mi ha sempre resa felice, prima da tifosa, dopo da arbitra e adesso da giornalista».
Che nessuno abbia mai tentato di scoraggiarla è poco probabile.
«In famiglia no, ma è vero che il calcio è maschilista. Credo che in tutto il mondo persino commentare sia ancora visto come un lavoro da uomini. Io non penso che le donne non capiscano di calcio, francamente. Penso che in qualche modo la società disapprovi le donne che si fanno largo in un territorio considerato ostile».
Nonostante il successo del Mondiale femminile.
«Voglio vederlo tra quattro anni, questo successo. Oggi il calcio è diventato un affare. Nessuno fa più niente per passione. Prima si fanno i conti e poi si pensa a divertirsi. Conta soltanto quanti soldi girano. Da questo punto di vista effettivamente il Mondiale ha funzionato, però non sono sicura che si possa parlare di svolta».
Eppure lei ha coltivato il suo amore per il calcio senza rinunciare a nulla della sua femminilità. Quella con Sandro Ricci, arbitro internazionale, è la storia di un successo sentimentale.
«Dobbiamo esserci conosciuti in qualche altra vita. Non so spiegarlo altrimenti. Dopo che ho smesso di dirigere abbiamo avuto modo di frequentarci e ci siamo innamorati immediatamente. E’ un uomo speciale».
Quando lei arbitrava, aveva un modello a cui ispirarsi? «All’inizio no. Poi ho visto Sandro».
La Redazione