Cds – “Cori contro Napoli ci pensi Maurizio  l’anti-coro ingrato”

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Torino non è città canora, non come Napoli, ovviamente; a Pino Daniele può opporre, chessò, Gipo Farassino, eppure da un paio di giorni si sente cantare – sottovoce, il bello è di là da  venire – “Un giorno all’improvviso/ m’innamorai di te/ il cuore mi batteva/ non chiedermi il perché…”, una canzone da anni eseguita a tutto cuore dai napoletani e all’improvviso ritornata a casa. In onore di Maurizio Sarri. Perché l’autore, Johnson Righeira, l’ha scritta perché fosse cantata allo Stadium, non al San Paolo. Gliel’ho detto tante volte, agli amici napoletani: restate col Surdato ‘Nnammurato, ch’è cosa vostra; niente, quando si convincono di possedere qualcosa o qualcuno, non li smuovi, tutta colpa di Maradona, fedelissimo, eterna bandiera. Unico. I tifosi veraci, ma soprattutto gli intellettuali prestati al calcio, erano convinti di possedere Sarri, lo adoravano, pensa un po’ la decadenza, come un tempo s’inginocchiavano davanti all’effigie del Pibe intonando il Te Diegum. Credevano di avere imprigionato il suo pensiero, il suo cuore, la sua persona, l’amavano al punto che poteva rinunciare a vincere, a volte con fastidio, vedi le Coppe buttate per uno scudetto che la Juve non ne poteva più: eppure eccolo qui, verso Torino, sul punto di metter piede a Casa Juve e il popolo bianconero, opinionisti annessi e connessi, non stanno a discutere di 4-3-3, di offensivismo, di “sarrismo” (termine che qualcuno ha chiesto di togliere dalla – decaduta – Treccani) ma del fatto se si metterà un blazer e cravatta, almeno alla presentazione, o si presenterà con una tuta bianconera nuova di zecca, elegante, magari firmata da Marco Boglione, el Supremo. 

 

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L’abbigliamento dell’ex comandante (a Torino comanda la trimurti Agnelli, Nedved, Paratici) è il primo atto della rivoluzione. Siamo ancora alle formalità: la squadra, la tattica, i programmi si faranno a tempo debito o addirittura – penso io, che conosco da decenni usi e costumi juventini – sono già stati fatti mentre s’aspettava il via libera del Chelsea, dall’uscita di scena di Allegri, un mese fa, e anche da prima, e senza difficoltà: se sei la Juve e scegli Sarri o sai già quel che lui farà, lo hai visto all’opera, hai recepito il racconto della Grande Bellezza Napoletana propinato da legioni di estetisti mediatici, o fai solo ‘a mossa, come Mimì Tirabusciò, in attesa che lui si scaltrisca e trivi una via di mezzo fra tattica, sentimento e rendimento. Come ha fatto a Londra, salvando un posto in Champions al Chelsea giocando le ultime battute di campionato con una difesa degna di Mourinho (passano gli anni e non scomodo più Rocco ma i suoi eredi).
Ripeto, per ora solo formalità. Anche sentimentali. Sarri cerca il modo di far sapere ai suoi vecchi innamorati che impedirà allo Stadium “Vesuvio, lavali col fuoco”, invettiva della quale spesso si lamentò, subendola; così come lui partecipava ai pubblici balletti azzurri contro la Rubentus. E dettava le tavole di una legge antirubentina da mettere in atto; e mostrava il dito medio al solo nominarla; e minacciava querele a chi osava immaginarlo alla Juve. Ora lo immagino – non gliel’auguro – come il mio amico Carniglia che fu chiamato alla Juve solo perché aveva vinto due Coppecampioni con il Real di Gento, Puskas e Di Stefano, e io gli dicevo stai attento, è un ambiente particolare, e lui tranquillo della propria grandezza: li cambierò. Gli venne una bronchite e fu sostituito per grave malattia. Neanche licenziato. La Signora è così, anzi era. Ci penserà Sarri, a cambiarla. Nel frattempo un risultato l’ha ottenuto: Lui e Lei giocheranno alla stessa ora. Fonte: Cds

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