Calciatori azzurri e tifoseria insieme nel libro “Sarò con te”. Prima social biography di una squadra sportiva
Il rapporto tra la tifoseria e il Napoli visto dall’altra parte, quella della squadra. I sentimenti degli azzurri raccolti nel libro «Sarò con te» (Mondadori, pagg. 215, euro 22), prima social biography di una squadra sportiva, un lavoro che raccoglie i «colloqui» con Castel Volturno attraverso la piattaforma Epico, rare aperture verso l’esterno da parte del Napoli.
Arrivano domande da tutto il mondo, a conferma della dimensione della community azzurra, cominciando da quelle per Ancelotti. Mr. Champions parla dell’accordo con De Laurentiis: «Sono felice di aver fatto questa scelta. Accettarla è stato facile anche per il progetto sportivo». Risposte da contestualizzare, come quella dell’ex capitano Hamsik, che prima di volare in Cina aveva spiegato: «Non mi sento nient’altro che napoletano. Non per niente ho comprato una casa qui anziché affittarla. Proprio perché voglio mantenere radici in questa splendida città quando smetterò di giocare».
Insigne, che ha raccolto l’eredità di Marek, è l’unico napoletano del Napoli, tuttavia non è amato a prescindere. Anzi, il suo rapporto con il San Paolo – una parte della tifoseria, precisamente – è alterno. Capitan Lorenzo dichiara di essere orgoglioso dell’azzurro: «In qualche modo ci sentiamo ambasciatori di questo sport e della nostra meravigliosa città. È una sensazione stupenda giocare per la propria squadra e per la propria città. Ci ho messo tutto me stesso per migliorarmi e vestire la maglia del Napoli. E ora non farei cambio con nessun’altra». Da bambino, lui non immaginava altro che diventare calciatore. E, se non ce l’avesse fatta, «con molta probabilità avrei lavorato con mio padre ai mercati».
Il simbolo dell’amore verso la città e la tifoseria è Mertens, il belga che gioca da sei stagioni nel Napoli ed è stato soprannominato Ciro dai tifosi. «Il segreto del mio buonumore? Faccio quello che amo, in una città meravigliosa e con tifosi che regalano gioie ed emozioni. Come potrei mai essere triste?». Eppure «quando ero in Belgio e si seppe del mio trasferimento un sacco di gente mi mise in guardia su Napoli, prefigurandomi una città sporca, disorganizzata, decadente e piena di persone strane. Invece ho scoperto una città bellissima». L’altro amatissimo azzurro Koulibaly dà una lunga risposta alla domanda sul razzismo. La solidale Napoli, quando si sono verificati i casi del 2016 e del 2018, si è subito schierata dalla parte di Kalidou, insultato negli stadi della Lazio e dell’Inter. «Non è solo un problema di razzismo, è principalmente un problema di educazione. Possiamo essere diversi, ma siamo tutti uomini. Io a mio figlio certe cose non ho bisogno di insegnarle perché ha dentro di sé il rispetto degli altri, al di là del colore della pelle. E mi piace accompagnarlo a scuola perché vedo che i bimbi non fanno differenze». Spiega di essersi sentito ancor più legato a Napoli e ai napoletani quando anni fa iniziarono a tradurgli gli insulti razzisti verso la città, quelli che si ascoltano più dei «buu» quando gli azzurri giocano negli stadi del Nord.Fonte: Il Mattino