Ci siamo quasi. Si avvicina il rompete le righe e la parola passerà “ufficialmente” al mercato. Quest’anno, prima degli interpreti sul terreno di gioco, quelli in panchina. Ci sarà movimento, soprattutto in cima alla classifica. Ne parla Ciccio Marolda sulle pagine de Il Corriere dello Sport:
Una stranezza rispetto alle ultime stagioni. Stavolta, infatti, delle prime sei del campionato quattro cambieranno certamente allenatore, una (l’Atalanta) ancora non si sa e la sesta, invece, si terrà stretto quello che già ha. La sesta, ovvio, è il Napoli affidato ad Ancelotti per un’esperienza da poco cominciata. Sarà un vantaggio per gli azzurri? Beh, la continuità della panchina ha un suo valore, su questo non v’è dubbio, ma, con tutto il rispetto per i signori allenatori, in campo non ci vanno loro. In campo, salvo casi rari e quasi mai vincenti, la differenza la fanno per l’ottanta per cento e passa i giocatori e solo per il resto la tattica, l’addestramento, l’innovazione quando raramente c’è. Cosicché anche quel leggero vantaggio assicurato della continuità s’annacqua facilmente se tutto il resto non regge alla concorrenza. Riferito al Napoli questo che vuol dire? Vuole dire che, chiusa una stagione con le idee chiare su quanto c’è da fare, ora la parola passa a chi ha la responsabilità delle nuove scelte e a chi deve mettere mano al portafoglio. Questione di mercato, insomma. E’ qui che le distanze tra una squadra e l’altra s’accorciano o s’allungano. Con una differenza non di poco conto, si capisce. E cioè: chi può spendere denari in quantità – un nome a caso: la Juventus – ha da proporre mille tentazioni; chi, invece – un altro nome non a caso: il Napoli -, deve e vuole stare attento ai conti deve essere bravo nelle scelte e tempestivo e pure fortunato. E se occorre anche un poco gufo, sperando in qualche guaio dei competitori. Ma senza esagerare. Poca roba. Quanto basta per non sporcare la propria coscienza di sportivi.
Mercato, allora. E’ qui che “si parrà la nobilitate” di don Carlo e non solo quella sua. No, non nel senso che dovrà chiedere e ottenere chissà quali costosissimi fenomeni che il Napoli non può permettersi e si sa, ma che almeno pretenda un Napoli migliore, più forte di quello visto nella stagione che si chiude, questo sì! Magari spiegandolo alla gente in un percorso di chiarezza non comune al calcio, ma che il Napoli sembra aver inaugurato. Buon segno. Magari anche un primo passo sulla via di una riconciliazione popolare oggi lontana, parecchio complicata eppure necessaria al di là delle ruvide epperò condivisibili parole di De Laurentiis e della insufficiente e quasi imbarazzata replica messa per iscritto dai gruppi organizzati delle curve.