Edy Reja: “Insigne? Con lui in campo il patrimonio è sempre più ricco”
Il c.t. dell'Albania al CdS parla anche di Ancelotti e di Hysaj
Tirana è casa-Reja, oggi, però il rumore sordo del traffico che si diffonde nel cellulare, spinge a immaginarsi la «sua» Napoli, quella che gli è stata amica seducente d’una vita da nomade della panchina: il Ct dell’Albania, in un’intervista rilasciata dal CdS, è un giovanotto senza età ma con un vissuto che riempirebbe un’enciclopedia e che può essere sfogliata, andandosi a leggere però i capitoli che verranno.
Reja non sa stare senza panchina. «Mi fa sentire giovane, credo faccia bene proprio alla salute. E mi dà soddisfazione. L’inaspettata proposta dell’Albania è stato un riconoscimento ulteriore per quel poco che ho fatto. E spero di poter ricambiare con i risultati».
Non le chiederemo di svelarci cosa ha in testa, ma potrà perdersi nei labirinti della memoria parlandoci di Napoli. «Anni indimenticabili, che quel finale con l’addio anticipato non ha mai rovinato. Ogni volta che ci torno è una festa, arrivare allo stadio è un’impresa: ho amici ovunque, vengo sommerso dall’affetto e sono grato a chiunque di ciò».
Le arrivano gli spifferi su questa insoddisfazione che stride con la realtà. «Non smetto di seguire, direttamente, anche perché ho rapporti forti con molti. So che in qualcuno resta l’amarezza per il secondo posto, che invece è un risultato enorme. Io capisco i tifosi, hanno esigenze e aspettative, vale in qualsiasi città ma a Napoli ancora di più: ho toccato con mano l’amore che c’è verso la squadra, ho vissuto momenti che restano indimenticabili e non so quale scegliere tra i tanti. Però arrivare alle spalle della Juventus è tanta roba».
Non solo questione di budget… «Direi di no, ma innanzitutto. Hanno una forza economica che rompe gli equilibri ed è complicato stargli dietro. Si può arrivare a loro attraverso le idee, però so bene che questo tipo di discorso può andare di traverso al pubblico: ma è la realtà. Il progetto De Laurentiis-Napoli è lì, si vede, da anni, e io sono arrivato nel gennaio del 2005: è stato un continuo progredire, le promozioni, la prima qualificazione in Intertoto nella nostra stagione da debuttanti in serie A, poi le coppe Italia e le qualificazioni in Champions».
Come si ritrova l’unione? «La presenza di Ancelotti in panchina, scelta di assoluto livello, è garanzia di serietà, di competenza, di ambizioni. Poi ci sono i parametri economici e non bisogna dimenticarlo. Ma ha ragione Carlo, si può vincere anche diversamente. E un ambiente senza spaccature può facilitare questa evoluzione. Aggiungo un dettaglio, diciamo così: quando è arrivato Ancelotti, nonostante tutto quel che ha saputo conquistare nella sua carriera, non ero così convinto che sarebbe stato capace di arrivare così in alto, prima delle altre, subito dopo la Juventus».
Insigne ha attraversato la tormenta. «Ma uno come lui non può essere discusso. Ha piedi, ha sensibilità, ha talento, è in grado di fare la differenza e di lasciare che il patrimonio tecnico sia sempre più ricco. Non so come si trovi nel ruolo di punta, lui che è stato un esterno da 4-3-3, però su questo fa fede Ancelotti».
Nel Napoli c’è il suo Hysaj. «Bravo, anzi bravissimo. Ragazzo serio, scrupoloso, tatticamente intelligente, capace di darti quegli equilibri che in difesa servono, anzi sono decisivi».
Sono volati dieci anni dal suo addio… «E il Napoli lo ritrovo sempre tra le grandi d’Europa, di nuovo in Champions, con un organico che è invitante. E’ chiaro che so bene che ad un certo punto la gente voglia qualcos’altro, il sapore di un successo che li appaghi della propria, totale dedizione: ma questa è la strada giusta, credetemi».
La Redazione