Approfondimento – di G. Calabrese: “Che triccheballacche, che scetavajasse…”
Il luogo comune sembra essere male atavico del nostro Paese e pare si sia impossessato anche di una categoria che dovrebbe abolirlo dal proprio vivere e dal proprio operato professionale: quella dei giornalisti. Il dovere di un giornalista è riportare i fatti, fare cronaca, magari esprimere un’ opinione in merito ai fatti stessi, ma mai etichettarli, mai irriderli, mai banalizzarli in maniera superficiale e, soprattutto, sempre omettendo il giudizio. In maniera grossolana, poi… Ieri sera è successo ancora e, ancora una volta, nel polverone è finita una signora del giornalismo sportivo: Ilaria D’ Amico. Commentando i disordini avvenuti poco prima della gara di Champions tra Ajax e Juventus, dagli studi Sky, la conduttrice/giornalista ha infatti utilizzato quella che, in maniera eufemistica, può essere definita “una battuta infelice”. Ha illustrato, in maniera diciamo “discriminante” l’episodio, definendo l’approccio dei tifosi olandesi alla gara “quasi partenopeo”, in riferimento all’ utilizzo della vigilia, da parte di questi ultimi, di fuochi d’artificio e triccheballacche per disturbare il sonno juventino. L’espressione ha scatenato le ire social e la rabbia sul web dei tifosi azzurri. Non ultimo l’assessore allo Sport del Comune di Napoli, Borriello, che ha invitato Sky a chiedere scusa ai napoletani per quanto “dice quella specie di giornalista della D’Amico”. Non sappiamo se si sia trattato solo di uno scivolone, di una gaffe o di un modo di pensare insito nella signora D’Amico, convinta che i popoli e le persone possano essere bollati attraverso immagini folcloristiche, fatto sta che non è la prima volta che ciò accade. E, se tre indizi fanno una prova, il numero sembra sensibilmente superato ormai da un po’. Forse sarebbe il caso di intervenire, magari con una tiratina d’orecchie da parte di Sky, fosse solo perchè i soldi degli abbonamenti arrivano anche dai napoletani triccheballacche…
a cura di Gabriella Calabrese