L. Insigne: “Ecco perchè ho scelto Raiola. Baku? Il nostro “folle” desiderio”
Il capitano del Napoli tra presente e futuro
Sognando ad occhi aperti o comunque osservando il mondo e il futuro senza ipocrisia e tuffandosi nel mercato, tra Raiola e la possibilità che accada qualcosa in estate, e poi fasciandosi di quel velo di malinconica irritazione verso Higuain. Questa non è un’intervista ma una parabola sincera verso se stesso al Corriere dello Sport.
Per cominciare, Insigne come sta? «Meglio e quasi bene. Ho fatto un differenziato robusto giovedì e un allenamento in gruppo venerdì. Ora resta la rifinitura e poi deciderà Ancelotti».
L’obiettivo è Londra. «Direttamente o indirettamente. Ma è chiaro che il pensiero sia quello».
Lo è stato anche ad Empoli per i suoi compagni. «Una partita ogni tanto la puoi anche toppare, è umano e forse anche fisiologico».
E Ancelotti cosa vi ha detto? «E’ entrato nello spogliatoio, con quel suo tono cordiale: ora lo sapete che io sono arrabbiato con voi, per come abbiamo giocato; e so anche che voi siate arrabbiati con il vostro allenatore, per come ha preparato la gara. Andiamoci ad allenare».
Per il Genoa, non per l’Arsenal. «Ovviamente sì. O anche per entrambe».
Cosa si aspetta all’Emirates? «Di affrontare una squadra che ha talmente tanta qualità da non poter scegliere quale sia il migliore. E poi troveremo ritmo, intensità, organizzazione tattica».
Domani sera incrocerà Prandelli. «L’allenatore che mi ha portato in Nazionale, regalandomi una gioia che non può essere rappresentata. E’ qualcosa di intimistico, che ti resta dentro per sempre».
Come i successi con il Napoli. «Il primo, doloroso, la coppa Italia di Roma, con la Fiorentina, e con la mia doppietta, nella notte della ferita, rivelatasi poi mortale di Ciro Esposito. Il secondo, la finale di Doha».
Un mese fa, a Reggio Emilia, ha sollevato il coperchio ed ha spiegato cosa significhi dover vivere da Insigne, quindi da napoletano a Napoli. «Le pressioni sono maggiori, rispetto ad altri calciatori, perché la gente da te si aspetta di più. E a volte le responsabilità costituiscono un energizzante, dunque hanno effetti positivi, ma ci sono anche momenti in cui possono essere controproducenti e quindi negative. Non siamo macchine, ricordiamocene, un periodo buio è inevitabile».
Come si vive da Insigne? «Assaporando le soddisfazioni con parsimonia e poi scoprendo che quando non si vince, la sofferenza è secca: io ci sto male».
Pensieri sparsi da giornalista: la prossima, quando lei avrà ventotto anni, potrebbe essere l’estate giusta per pensarci. Ma Insigne si immagina con un’altra maglia addosso? «Adesso, mentre ne stiamo parlando, e più in generale ora, in questa fase, non ci penso neppure. Però so bene che magari in giro possa esserci qualcuno che mi stimi. Ma non esistono squadre, né interessamenti. Ho il dovere di pensare, senza essere immodesto, che in questi anni con il Napoli abbia dato qualche dimostrazione di ciò che so fare».
Diciamo tutto, Lorenzo: nel momento in cui lei ha preferito legarsi a Mino Raiola, la logica deduzione ha spinto in tanti a pensare che l’abbia fatto per dare il via a una operazione attraverso un manager di potere. «Niente di tutto ciò e siete liberi di non crederci. Ma ritengo che Raiola, con Jorge Mendes, sia il più forte in circolazione e che rappresenti un’autorità in materia. Ma non c’è dietrologia. Finché starò qui io darò sempre il 110 per cento e qua voglio starci a lungo».
Ci lasci il legittimo «sospetto». «So anche che ho ventotto anni e che possa capitare, in carriera, di ritrovarsi dinnanzi ad un’offerta, come dire?, irrinunciabile. Questo sì, può succedere».
E Insigne quanto pagherebbe Insigne? «Non ne ho la più pallida idea. A me il mercato sembra di nuovo impazzito ed eventualmente il prezzo lo fa il campo. E poi non sono affari miei: io devo giocare, segnare, divertire».
L’Insigne del 2019 è felice? «Mi scoccia assai arrivare ad un passo dal successo e poi ritrovarmi senza niente tra le mani, che so un trofeo da alzare al cielo. E questo dà fastidio anche ai miei compagni di squadra di questo Napoli che è fortissimo e che meriterebbe di regalarsi una soddisfazione».
Non potete esimervi, adesso. «Ci è toccato l’Arsenal ma devo dire che le otto squadre erano tutte di spessore e quindi sarebbe stato complicato egualmente se ci fosse arrivata in sorte un’altra. Ma sarà dura anche per gli inglesi: è una doppia sfida alla pari e però noi abbiamo il vantaggio della gara di ritorno al san Paolo. All’andata, bisognerà segnare per cominciare».
La Juventus è all’ottavo scudetto consecutivo. «Ma siamo di nuovo noi alle sue spalle e questo dovrà pur avere un senso. Stavolta sono stati bravissimi, più che in passato, mentre le concorrenti, Napoli compreso, hanno lasciato troppi punti. Però aggiungo anche una considerazione: ricordate i pronostici dell’estate scorsa, le previsioni? Non mi pare di ricordare che ci venisse concesso credito…Finiranno quinti, finiranno sesti. Eccoci: siamo secondi».
Perché la Juventus vince sempre? «Perché non sbagliano mai, non conoscono partite insidiose, tranne una, come le è capitato a Marassi con il Genoa. Hanno una qualità che alle altra manca».
Lo scudetto perso un anno fa è una ferita… «Difficile da suturare, ma bisogna guardare avanti. Ci abbiamo creduto, potevamo farcela e fa male. Come l’eliminazione dal Mondiale a san Siro: sono le sofferenze che mi porto dentro. E’ come se in quegli istanti mi fosse crollato il Mondo addosso».
Mancini ha ripulito il club Italia… «Ci serviva un allenatore del suo spessore, della sua serenità, delle sue capacità. A me ricorda Ancelotti, perché trasmette tranquillità. E sono convinto che con lui faremo lunga strada all’Europeo».
Intanto, prima un salto a Baku andrebbe fatto: è un posto da visitare. «E’ quello che stiamo progettando, anche se ci aspettano due gare complicate e poi, dovessimo farcela, la semifinale. Non è semplicissimo, non abbiamo paura. Anzi, è il nostro folle desiderio».
Con il Chelsea, poi, avrebbe un sapore particolare. «Hanno valori, anche se non riescono a mostrarli appieno. Ma a Sarri va dato il tempo necessario, qui ci sono voluti tre anni affinché diventasse un meccanismo perfetto».
E rivedrebbe Higuain, con il quale, in un Napoli-Juventus, ci furono scintille. «Non mi andò giù il suo modo di esultare. La Juventus fu una sua scelta, libero di prenderla ci mancherebbe, però poi ci siamo incrociati altre volte e mai una volta, mai una dico, che sia venuto a salutarci nello spogliatoio, come pure sarebbe stato naturale fare. Vuol dire, allora, che ce l’aveva anche con noi, con i suoi ex compagni di squadra che lo hanno aiutato a segnare trentasei gol in campionato».
Faccia i nomi di due italiani che la entusiasmano. «Due sono pochi ma vado di getto: Zaniolo e Chiesa».
Riviva un attimo la sua carriera: alla Cavese, allenatore Stringara. «Arrivavo dalla primavera del Napoli, avevo appena debuttato per qualche minuto in A, ero un ragazzino. Giocai poco, in una squadra matura. Ci sta che accadesse».
A Foggia e a Pescara con Zeman. «Gli sarò grato per sempre e gli voglio bene. Mi ha lanciato, mi ha costruito, se sono arrivato sin qui è merito suo. Lui e Pavone hanno avuto un ruolo nella mia scelta di Foggia e l’anno successivo stavo per andare al Crotone, mi chiamò il boemo, mi disse guarda che ho firmato con il Pescara: non ebbi dubbi».
Mazzarri è stato il suo primo allenatore in A. «E basterebbe questo per essergli riconoscente».
Con Benitez ha scoperto un calcio internazionale. «E una maturazione ampia. Mi ha fatto conoscere anche ruoli diversi».
Poi c’è l’epoca Sarri. «E il mio ritorno alle origini: 4-3-3. Gli auguro ogni bene».
Non faccia il ruffiano, Ancelotti la legge. «Ripeto quello che gli dissi in ritiro: per me è un onore essere allenato da lui. Uomo straordinario e tecnico che non devo raccontare io».
Chi sarà il prossimo Insigne? «Ho due maschietti in casa ma ora io e Genny vogliamo una femminuccia…..Ci piace la famiglia numerosa».
La Redazione