“Pezzotto”. Ebbene, nonostante le mille diverse interpretazioni, “pezzotto” è un termine che non ha equivalenti precisi nella nostra lingua. Potrebbe essere: falso, fasullo, ma neppure. Perché falso e fasullo si portano dietro valori comunque truffaldini. “Pezzotto” no. “Pezzotto” ha ampliato a tal punto il suo significato da essere entrato stabilmente nel linguaggio moderno e soprattutto giovanile. E proprio il suo uso ripetuto e quotidiano – piaccia oppure no – alla lunga ne ha annacquato l’antica natura fraudolenta. Cert’è, però, nel calcio e in particolare nei rapporti economici tra club, il “pezzotto” non c’era entrato ancora. In quale altro modo definire, infatti, quel contratto di trasferimento del povero Hamsik dall’Italia alla Cina cambiato, riscritto, rivoltato all’ultimo momento? O, comunque sia, diverso da quello concordato e per questo rispedito dal Napoli al mittente come uno di quegli orologi di gran marca venduti sulle bancarelle e fatto passare per originale. Il classico “pezzotto”, appunto.
Vero, di qui a poco tutto s’aggiusterà, ma resta e resterà il tentato scartiloffio. E Napoli non lo meritava. Anche per una questione di rispetto, visto che a metà del Settecento fu la prima città d’Occidente a fondare una scuola per lo studio della antica cultura della Cina, tant’è che ancora si prende cura della chiesa della Sacra Famiglia dei Cinesi nel rione Sanità.
E un po’ “pezzotto” è stato anche il Napoli a Firenze. Intendiamoci, non come quello “pezzottissimo” della stagione scorsa, ma la delusione ci sta pure stavolta. Perché i tre punti li ha sfiorati, il Napoli. Perché poteva scrivere per un giorno e forse più un capitolo nuovo di questo campionato; soprattutto perché poteva dare ufficialmente il via ad un futuro anticipato. Quello senza Hamsik, certo. Quello senza il capitano immagine e forse anche anima del Napoli degli ultimi dieci anni. Invece, tutto da rifare. Tutto da rivedere, anche se una cosa è chiara: il rinnovamento, il ringiovanimento della squadra è già cominciato. Anzi, era già cominciato con gli addii di Reina e di Jorginho e dovrà continuare con il prossimo mercato. Si chiama transizione, questa. Un anno, una stagione di passaggio che, però, non per questo non può riservare emozioni e soddisfazioni. Secondo posto? Sì, ma non basta più. Non può bastare. L’Europa League dev’essere il nuovo obiettivo. Per la gloria e per i denari, certo, ma anche per restituire emozioni ad uno stadio che non vuole restare mezzo vuoto.
Fonte: Cds