Lacquaniti (Ass.Naz. Funz. Poilizia): “Altro che folklore! Ci attaccano come mafiosi”
Girolamo Lacquaniti, dell’Associazione Nazionale dei Funzionari di Polizia, ha parlato in una lunga intervista al Corriere dello Sport, in merito agli ultimi avvenimenti riguardanti la sicurezza negli stadi, e non solo.
«Altro che folklore, o codici d’onore. Dobbiamo considerare le frange ultras in azione in questo nostro tempo confuso al pari di altre organizzazioni criminali o del fenomeno mafioso. E guardi, non esagero: dico questo non per enunciare una mia teoria ma alla luce di sentenze e indagini che si sono susseguite a varie latitudini del nostro Paese, una convinzione avvalorata da quanto accaduto martedì notte a Roma».
Girolamo Lacquaniti, lei, per l’Associazione Nazionale dei funzionari di Polizia che rappresenta, sta assumendo una posizione durissima riguardo al tema della violenza e del razzismo nel calcio.
«A me hanno insegnato che i bravi poliziotti iniziano sempre a indagare ponendosi la domanda giusta. E in questo caso, mi dica: perché una festa come quella per i 119 anni della Lazio, sottolineo un festa, deve trascendere in scontri con le forze dell’ordine, in un momento in cui l’attenzione mediatica su certi soggetti è massima? La risposta è semplice: con noi dovete venire a patti».
Un quadro ben più inquietante di quello tratteggiato qualche giorno fa dal Ministro dell’Interno
«Il cuore del problema è l’interesse economico criminale alla base di certe dinamiche che si intrecciano con un potere ricattatorio nei confronti delle società, un punto questo su cui tornerò più avanti, e con la possibilità di avere a disposizione una massa di manovra, utile anche a fini politici deviati».
Si tratta di un fenomeno tutto italiano?
«No, il problema esiste in tutta l’Europa, con sfumature diverse, soprattutto fuori dagli stadi. La verità è che nessuno ha trovato la soluzione geniale definitiva»
Ritornare alle trasferte collettive, riallestendo i treni dei tifosi, come accennato dal ministro Salvini, che scelta può essere?
«Non voglio commentare un’idea abbozzata. Certo è che riproporre ricette bocciate dai fatti, oltretutto in un momento emergenziale, non mi convince. Ho fatto tanti servizi stadio nel passato. E le sassaiole nelle stazioni erano più puntuali dei treni stessi. Senza rievocare certe tragedie, come quella del Piacenza-Salerno. Poi magari ci sono modelli più moderni, che associano biglietto stadio e quello del treno. Sarebbe assurdo però riammettere il fatto che gli ultras possano viaggiare gratis o magari lucrare sul servizio. C’è stato anche il tempo del dialogo e delle mediazioni. Che non sono servite. Adesso lo Stato deve fare lo Stato».
Che significa cosa, in concreto?
«Significa togliere a certi soggetti le possibilità di guadagno, significa escludere soluzioni che rendano ricattabili i club, significa non accettare di non essere padroni del territorio-curva, come sosteneva l’attuale capo della Polizia ai tempi del suo ruolo di Prefetto di Roma. Significa investire e credere di più negli Slo, i responsabili dei rapporti tra club e tifosi. Che non vanno puniti tutti a prescindere: questo mi pare doveroso oltre che coerente e in questo senso la tessera del tifoso è stata utile. Significa infine, la certezza della pena. E questo è un discorso che riguarda il sistema Paese, non solo il calcio».
Non le è ancora scappata la fomuletta magica: Tolleranza zero…
«O magari “ci vogliono gli stadi con le celle”. Ve lo immaginate la reazione di certi gruppi in curva sapendo di alcuni propri sodali trattenuti in camera di sicurezza…No, ci vogliono misure cautelari adeguate, che spezzino la spirale di impunità massima che esiste».
Un altro morto a Milano, i cori razzisti di Inter-Napoli. La voglia di una risposta netta che sale da dentro il mondo del calcio. Ma le chiedo: vedremo mai un funzionario di Polizia, delegato alla sicurezza, che scelga di interrompere una partita, dopo la sospensione decisa da un arbitro, come stabiliscono le regole?
«E’ una questione importantissima. Concettualmente io dico che lo Stato deve far rispettare le proprie leggi. Penso anche alla Mancino, mai abrogata. Ma dobbiamo essere lucidi. Prima parlavo di potere ricattatorio: interrompere una partita significa di fatto condizionare un campionato. E può essere un dirigente di Polizia a farlo? Pensate alle reazioni, anche politiche, a uno o più 0-3 a tavolino che orientino la classifica. Non è arrendersi, è ragionare. E allora penso che in una simile circostanza la partita dovrebbe essere rigiocata a porte chiuse. Ma bisogna pensarci per tempo. E di tempo non ce nè più molto, davanti a questo attacco».
Fonte: CdS