D. Tommasi al CdS: “Abituarsi ai buu sarebbe terribile”
All'interno l'intervista al presidente dell'Assocalciatori
Basta con i violenti e i razzisti. Damiano Tommasi, intervistato dal CdS, reduce dal tavolo promosso dal ministro dell’Interno Salvini, adesso si aspetta risposte concrete da parte della Istituzioni. La politica e i club devono andare oltre i buoni propositi emersi finora: secondo il numero uno dell’Aic, servono la certezza della pena e la volontà di non far entrare più negli stadi coloro che non si comporta nel modo giusto, altrimenti il problema non sarà fai risolto.
Tommasi, che idea si è fatto dell’incontro tra il Governo e le componenti del calcio? «Forse ero io che avevo troppe aspettative, ma mi sembra che ancora non ci sia chiarezza su chi siamo e su dove vogliamo andare. Che direzione è stata presa non l’ho capito, ma spero di rendermene conto presto. Mi auguro di constatare che ci sono davvero la fermezza e la volontà di dare un taglio netto con un passato e un presente caratterizzati da troppi episodi spiacevoli. Senza una posizione ferma è difficile arrivare a una soluzione».
Qual è la direzione giusta? «All’estero non hanno insegnato come comportarsi ai tifosi che facevano cose sbagliate. Hanno cambiato… i tifosi, nel senso che non hanno più fatto entrare i violenti negli stadi. L’Inghilterra in questo senso deve essere un modello. Le società possono decidere chi entra nei loro impianti grazie al codice di gradimento. Che lo mettano in patria! Così i delinquenti andranno altrove a fare disastri. Fuori dagli stadi invece ci vogliono pene certe per chi infrange la legge. Basta con la tolleranza. Non è possibile morire mentre si va a una partita di pallone».
La politica e i club devono prendere le distanze in maniera netta da certi tifosi? «Più che “tifosi” io li definirei delinquenti. E la risposta alla vostra domanda naturalmente è sì».
Salvini sostiene che non bisogna sospendere gli incontri né chiudere interi stadi in caso di insulti razzisti. E’ d’accordo? «Nel gioco del calcio ci sono regole precise e una persona, l’arbitro, che le fa rispettare. Se fai un fallo brutto, prendi il cartellino rosso ed esci, ma la tua squadra resta in campo. Bisogna individuare coloro che fanno i “buu” razzisti ed espellere loro, non punire tutti».
Il Napoli di Ancelotti si fermerà in caso di cori razzisti. «Carlo viene da alcune esperienze all’estero dove il problema del razzismo non c’è. Credo che siamo tutti sulla stessa posizione ovvero quella di non voler respirare una simile aria all’interno dei nostri stadi. Parlo dei “buu”, ma anche dei cori di discriminazione territoriale e degli insulti reiterati contro un calciatore per innervosirlo. Questa non è la normalità e non è giusto abituarsi a tutto ciò».
Da presidente dell’Aic cosa direbbe a un giocatore che lascia il campo perché offeso per il colore della sua pelle? «Un calciatore che lascia il campo può anche essere sostituito senza falsare una sfida… Detto questo, meglio un gesto del genere che abituarsi agli insulti liberi e farli passare come normali. Questo non lo accetto».
L’arbitro deve fermare la partita in caso di cori razzisti? «C’è un protocollo della Fifa e dell’Uefa e va rispettato. Ci sono stati arbitri che hanno interrotto le partite sollevando così il problema, ma dal campo non sempre il direttore di gara e i giocatori possono avere la percezione di quello che sta succedendo. Ci sono persone preposte fuori che possono intervenire con richiami attraverso gli altoparlanti, ai quali si può dare ancora più enfasi, e sospendendo l’incontro».
La Redazione