Nel calcio è una novità introdotta da poco il VAR, ma nel rugby esiste da vent’anni, il Television Match Official, l’arbitro aggiuntivo dietro la telecamera. L’importanza data però all’arbitro nel gabbiotto è diventata, in questo caso, eccessiva, fino all’80% delle decisioni, tanto da fare un passo indietro. Da quest’anno infatti si fa dietrofront, e sarà l’arbitro in campo a decidere se è o meno meta.
Di questo ha parlato Marius Mitrea, il miglior arbitro italiano di rugby. Decine di partite internazionali sulle spalle, domenica dirigerà Zebre-Benetton, il derby d’Italia, lo Juve-Inter della palla ovale.
Perché il rugby torna indietro?
«La tecnologia è stata una vera svolta. All’inizio serviva solo per valutare la meta, poi con la velocizzazione del gioco e l’aumento delle telecamere il Tmo è stato sempre più presente fino a prendere l’80% delle decisioni. Il Tmo non interveniva solo su richiesta dell’arbitro ma anche direttamente sul suo operato invitandolo a tornare sui suoi passi per una decisione non corretta».
Un grande fratello?
«Più o meno. Si è arrivati ad una media di 6-7 chiamate a partita. Per ogni intervento 2-3 minuti di attesa. Ne sono scaturite partite da 100 minuti rispetto agli 80 iniziali. Sono intervenute le tv che hanno visto stravolti i loro palinsesti. Non dimentichiamo che nel rugby il tempo è effettivo e il cronometro si ferma con le interruzioni. Da questa stagione si è adottato un protocollo differente».
Qual è la novità più importante?
«Che il Tmo può intervenire cambiando la decisione dell’arbitro solo se ha una prova inconfutabile che questa sia sbagliata. Non interviene più per una verifica o un dubbio. L’errore deve essere chiaro. Il risultato è dare più responsabilità agli arbitri».
Non si ha paura di polemiche?
«No, perché questo è rugby dove permane il rispetto per l’arbitro e le sue decisioni: capitano, squadra, società. Poi è chiaro che si può sbagliare ma mai in malafede. Non dimentichiamo che dietro la tecnologia c’è sempre una persona davanti lo schermo».
Tanta correttezza fa invidia agli arbitri di calcio?
«Sì. Non le nascondo che in diversi me l’hanno fatto notare. Io stesso non riuscirei ad arbitrare nel calcio. La gestione dei giocatori è difficilissima. Noi siamo dei privilegiati in questo caso. Anche se gli arbitri di calcio sono preparatissimi e subiscono una pressione che non ha eguali. Nel calcio ci sono interessi enormi».
Cosa pensa della chiamata dell’allenatore?
«Non saprei. Da noi si parlò del challenge chiesto dal capitano ma poi saltò per non aumentare ulteriormente la durata della partita».
Due cose che consiglierebbe al mondo del calcio?
«In Inghilterra, nel rugby, ogni spettatore può acquistare una radiolina per 5 sterline e sintonizzarsi sulle frequenze dell’arbitro così da capire l’evoluzione regolamentare del gioco. Oggi tutti possono sapere quello che accade in campo, anche chi assiste alle partite in tv, perchè da casa si ascoltano i colloqui tra arbitro e giocatori. Sarebbe un modo per aiutare la comprensione da parte dello stadio anche nel calcio».
E la seconda?
«L’espulsione temporanea. Vi assicuro che fa la differenza e la farebbe anche nel calcio. Pensate soltanto a dover rinunciare ad un giocatore negli ultimi dieci minuti di gioco».
Fonte: Il Mattino