La fortuna è stata avercelo, Ancelotti. Lui non ci mette il dito, lui ci mette tutta la mano, che è d’oro. Basti pensare alla sua collezione di talenti. Due, per esempio: Shevchenko e Kakà. In rossonero, entrambi, hanno sollevato al cielo di San Siro il loro Pallone d’oro proprio durante il mandato in panchina di Ancelotti. Uno in attacco e l’altro alle spalle delle punte. Due discepoli vincenti, portati sulle vette più alte dell’ Olimpo calcistico. Sono stati una sorta di figli in campo per l’allenatore emiliano che sulle loro qualità ha costruito il suo ciclo di vittorie in rossonero. Ecco perché è indelebile la sua mano sui successi personali dei due giocatori saliti sul tetto del mondo prima di tutto con la maglia del Milan. E quello era per tutti il Milan di Ancelotti, quasi da scriversi e leggersi come se fosse una parola sola. Quando Sheva e Kakà sono sbarcati sul pianeta serie A erano poco più che belle speranze, per diventare campioni ci è voluto del tempo, per diventare grandi campioni ci è voluto (anche) Ancelotti.
Il Mattino