Adesso le numerazioni sono diverse, ma prima, il “9”, la “9” era molto di più. Il bomber, l’attaccante, il giocatore che vive nell’ area di rigore avversaria, quello atto a gonfiare la rete, era, ed è ancora, il protagonista dei sogni, l’artefice dei successi. In azzurro ve ne sono stati tantissimi: belli, potenti, grati, ingrati. Tutti uniti da un comune denominatore: la legge, insindacabile, del gol.
Su Il Mattino se ne ricorda qualcuno:
Luis Vinicio quant’era bello, statuario nella sua fisicità; e poi José Altafini, sinteticamente e anche ingenerosamente racchiuso in quell’etichetta, core n’grato, mentre ne ha segnati 97 (lo ha appena superato Mertens) e Sergio Clerici capace di sedurre con quell’eleganza innata. I centravanti sarebbero gl’idoli, però a Napoli, lo sanno gli eroi del passato e anche quelli del futuro, vivranno sempre all’ombra di Diego, ch’è stato tutto: ma ce ne sono stati, e ci si potrebbe perdere nell’evoluzione della specie, e ognuno ha concesso il meglio di sé. Beppe Savoldi non fu solo un affare miliardario, le sue settantasette perle sono lì, ed è il primo bomber italiano dei novant’anni d’azzurro. Bruno Giordano ha avuto un talento smodato che gli ha regalato meno di quello che avrebbe dovuto, l’ha condiviso con Carnevale per il primo scudetto, ha lasciato a Careca (eh sì!) l’impresa del secondo. E Fonseca, che a Valencia ne fece cinque in una sera, rischia persino d’essere sommerso tra tanta grandezza.
Fonte: CdS