Ospina dagli Usa un messaggio per Ancelotti: “Sono venuto a Napoli per giocare”
Il portiere del Napoli: "Garella? Grande portiere, io ho il mio stile tra i pali"
David Ospina è un signore. Ha stile. E nervi saldi. Quando esce dallo spogliatoio, nel ventre della Red Bull Arena di Harrison, New Jersey, e si materializza nella zona mista dove i giornalisti sudamericani attendono una dichiarazione, scivola via in silenzio. Ecco quanto riportato dal CdS.
Ospina torna indietro. «Avete ragione, fatemi pure le domande».
Sulla sua squadra «Lascio una Nazionale in salute. Abbiamo vinto due belle partite. Ma a me scoccia per la rete subita».
Quella dell’1-1, con un colpo di testa di Kendall Waston che ha sovrastato Davinson Sanchez, mandando il pallone all’angolino. Ospina neanche si è mosso. Provano a tirarlo su: hai sentito i cori per te? Lui dice di sì, ma non sorride.
Anche a Napoli ti amano già, ti ha sorpreso?
La voce ha un tono basso: «Fa piacere, ma queste cose non mi devono distrarre».
Ultime due partite con il Napoli, zero gol subiti. E quelle respinte di piede alla Garella. «Sì, me ne hanno parlato. Ho chiesto ai collaboratori del Napoli più informazioni su di lui. Ho visto alcune immagini, in effetti aveva quello stile, è stato un grande portiere. Io, però, ho il mio».
Lo attende un ritorno sotto pressione: Alex Meret, il candidato titolare in estate, è guarito. Ospina non solleva lo sguardo dai taccuini. In realtà, fissandolo, capisci che non sta guardando da nessuna parte. Sta solo seguendo i suoi pensieri. «E’ un bene per il Napoli avere tutti a disposizione, Alex è un talento. Dobbiamo farci trovare pronti». Quando gli chiedono se tema di perdere il posto, risponde secco: «Io devo fare il massimo per convincere l’allenatore. Sono venuto per giocare, come devono fare tutti».
Il Napoli è atteso da due trasferte: sabato a Udine, mercoledì a Parigi. Lui vorrebbe giocarle tutte, ma dovesse scegliere – e già scegliere è una coltellata – c’è la Champions. «Conosco bene Cavani, l’ho affrontato molte volte in Francia». Prima c’è il ritorno a Napoli, e questi tre giorni di lavoro per convincere Ancelotti, lontano dalla sua gente e dai cori che da fuori riempiono ancora l’interno dello stadio americano.
La Redazione