Ancelotti non aspetta le mosse dell’avversario, il suo scopo è non dargli punti di riferimento. E ci riesce. Nella gara con il Toro, ad un certo punto, si fa fatica a dire se il Napoli in campo ha il tridente o la coppia di attaccanti. Anche i terzini: non devono necessariamente prendere parte alla costruzione della manovra. Per questo un centrale come Luperto può fare il terzino così come Maksimovic. Il difensore, con Ancelotti, fa il difensore.Prima c’era una squadra di 14-15 giocatori e altri 7-8 spettatori.Oggi c’è una squadra dove tutti sono importanti, nessuno indispensabile. Ancelotti è affamato di novità, gli piace scoprire, conoscere, farsi spiegare, ascoltare.E il suo calcio, semplice e pulito, è figlio dell’ascolto e del costante dialogo con giocatori e dirigenti. L’«ancelottismo» è semplicità, per l’appunto, ma anche normalità nei rapporti.
Grande da giocatore, vincente da allenatore, empatico con giocatori e tifosi anche per i suoi modi schietti e la simpatica fama di gran mangiatore, non lo sentiremo mai polemizzare con il patron, perchè lo ha già detto: «Il Napoli è di De Laurentiis». È un’altra aria che si respira, non c’è che dire. Quella del passato ha portato il Napoli a un passo dallo scudetto e al record dei punti; quella attuale si prepara alla consacrazione in Italia e in Europa.
Il Mattino