Hamsik-Diawara e modulo: i dubbi da sciogliere

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Paradossi esistenziali, tra le pieghe di tre partite: conviene andarci a leggerci dentro, per farsene un’idea compiuta, in cui compare tutto e pure l’esatto contrario. Il miglior Napoli, per intensità e anche per fluidità della manovra, per espressione, rimane quello dell’Olimpico di Roma, 4-3-3, qualcosa ancora di tiki taka però anche tracce nuove di una personalità che sembra si sia già impossessata della squadra di Ancelotti: e comunque, nel tridente, c’è l’esplosione, e nei movimenti c’è una verticalità pronunciata. Per carattere, il secondo Napoli, quello che ribalta il Milan, mostra di avere anche una natura diversa eppure simile: quando esce Hamsik, si trasforma in 4-2-3-1 (o anche 4-2-4) e attacca sempre, centralmente e lateralmente, palleggia nello stretto e poi allargando il campo o fendendolo come nell’affondo Diawara-Allan-Mertens. A Genova, in quel poco che s’è visto a partita compromessa, con codici rivoltati, è venuta fuori sempre la capacità di poter essere “dominante”, pur senza più il tridente, con Zielinski a sinistra, Mertens alle spalle o quasi prossimo a Milik. I dubbi sono vari, uno coinvolge la regìa, mai autorevole – per quel che serve – in Hamsik e poi addirittura blanda nel Diawara d’inizio Marassi, quando in verità era assente tutto il Napoli (tranne Allan). Però sono interrogativi che danzano dinnanzi allo sguardo di Ancelotti. Fonte: CdS

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