Mandragora: “E’ un luogo comune dire che a Scampia c’è solo cattiva gente”

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Ci sono i giocatori che incantano i tifosi, ci sono quelli che piacciono ai presidenti, ci sono quelli che fanno innamorare gli allenatori. Rolando Mandragora, ventunenne centrocampista napoletano senza tatuaggi, che da giovedì è un calciatore dell’Udinese, appartiene alla terza categoria. «Io penso di essere uno di quelli amati dagli allenatori», racconta mentre si presenta con la seconda maglia oro dell’Udinese, numero 38, davanti ai genitori Giustino e Flora, arrivati quassù da Scampia per vedere il loro bimbo prodigio (il papà, che ha abbandonato l’isola ecologica in cui lavorava, è anche l’agente) che parla come un trentenne. Su Mandragora l’Udinese ha investito, la Juve, che ci crede ancora tanto, pure. Guiderà lui il volante della nuova squadra di Julio Velazqez, così come guiderà l’Under 21 di Gigi Di Biagio che giocherà la fase finale dell’Europeo in Italia. «La finale sarà a Udine, vorrei esserci. Il gruppo è buono e noi ci puntiamo».

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Ma ora Mandragora è un calciatore dell’Udinese. Che effetto le fa la sua quinta piazza dopo Genoa, Pescara, Juventus, Crotone?

«Spero sia l’anno della mia consacrazione e del riscatto dell’Udinese. Ho avuto tanto dagli allenatori. Da quando sono cresciuto alla Mariano Keller a casa. A Gasperini che mi ha fatto esordire in A col Genoa, dove arrivai a 14 anni, devo molto, come a Oddo che ho avuto a Pescara, a Nicola e Zenga che ho avuto a Crotone. Venivo da un infortunio al piede, a Crotone ho trovato la continuità. Ora spero di ripetermi a Udine, in un ambiente che già mi piace».

Il periodo più brutto quello dell’infortunio, ma con un tutor come Leo Bonucci è stato più facile superare tutto.

«Nove mesi di inferno trascorsi a Torino per recuperare. Leo è stato un amico vero. E ora spero che lui scelga il meglio, magari vuol riprovare a vincere la Champions».

Lei ha vinto la Magic con i compagni di Crotone, per ora con le stelle da Champions ci giocherà e basta. Ha intenzione di comprarsi Cristiano Ronaldo?

«Ci provo, ma devo vendere Quagliarella o Belotti».

Come le sembra Udine?

«Ho visto poco, ci andrò a vivere con Lucia, la mia ragazza. Ormai io e lei abbiamo imparato a cavarcela da soli. A me manca solo di imparare a stirare. Il mio amico Pezzella, col quale sono compagno in Under e col quale divido la camera qui, me ne parla bene. Soprattutto del mondo Udinese (Daniele Pradè, il ds, confessa: «Inseguivo Rolando da tempo»). All’Udinese continuerò il percorso di crescita, viverci sarà facile. Finora sono sempre stato al mare, ma pure a Udine il mare è a 40 minuti».

Le chiedono di fare il leader. Come le piace giocare?

«Credo che l’intelligenza tattica sia fondamentale. Amo dialogare in campo con i compagni. Dobbiamo darci tutti una mano, è importante. A me piace verticalizzare. Ma soprattutto tenere bene le distanze tra i reparti. Qui ho Fofana e Barak che sono portati più a offendere, io copro di più la mediana, ma posso anche fare il play, pur giocando a due, andando a prendermi la palla dietro. Stiamo lavorando bene su tutto».

Quanto le pesa la responsabilità di essere stato acquistato con un investimento da 20 milioni e una recompra da parte della Juve di 26?

«Cerco di non pensarci. Ma è motivo di orgoglio sapere che su di me si è investito tanto».

Perché ha scelto il numero 38?

«Perché è il primo che ho avuto al Genoa quando ho esordito in A e alcuni miei familiari se lo sono anche tatuato».

Ci pensa alla Nazionale maggiore?

«Ci penso, ma va bene anche l’Under».

Lei arriva da Scampia, come Izzo e Letizia. E la sua famiglia ci vive. E’ un mondo così strano?

«I miei, che mi hanno insegnato valori importanti, continuano a viverci e io credo sia un luogo comune dire che c’è solo brutta gente. L’unica cosa è che qualche maglia in più la devo regalare. A Crotone ne ho prese cento».

Fonte: Gasport


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