CdS Campania – Hamsik: “CR7 non è Maradona”

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Capitan Hamsik in esclusiva ai microfoni del Corriere dello Sport:

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E allora, direbbe Vasco Rossi, e siamo ancora qua, Hamsik.

«Per ricominciare da dove avevamo finito, per continuare questa Storia».
Se n’era andato ormai: cosa l’aveva spinto verso la Cina?
«Diciamo la possibilità di sistemare definitivamente la famiglia».
Le prossime future, venti-trenta generazioni...
«Diciamo le prossime generazioni, ha ragione. Ma anche la curiosità di conoscere un nuovo mondo: rimasi incuriosito, per quel poco che vedemmo quando andammo a giocare la finale di Supercoppa nel 2012…».
E poi cosa è successo?
«Avevo già dato una indicazione: se entro la data del ritiro non fosse successo, non ci sarebbero state più altre possibilità. La scadenza era il 9 luglio. E comunque non era la prima volta, questa, in cui nasceva una possibilità del genere».
Ah sì, siamo alle rivelazioni.
«Due anni fa, dopo l’Europeo, arrivò un segnale preciso e netto e io dissi di no, subito, troncando ogni possibilità».
Ma precisamente come è andata?
«Verso maggio viene fuori questa possibilità e io ne parlai immediatamente con De Laurentiis. Ho con lui un rapporto speciale e diretto, penso che sia noto, e non potevo che informarlo».
La sua reazione?
«Ma ndo’ …vai, questa è casa tua»?
Non si confidò con Sarri e Sarri si risentì di ciò.
«Mah…».
E’ una ricostruzione sbagliata la nostra.
«No, non so, anzi no».
Crede che questo mese d’incertezza, con annessa la possibilità d’un addio, possa aver cambiato il suo rapporto con la città?
«Né il mio con la gente, né quello dei tifosi con me. L’orgoglio e il senso di appartenenza da parte mia non sono evaporati nel nulla; e l’affetto di questi giorni è stato eguale e anzi superiore a quello del passato».
Come vi siete lasciati, lei e Sarri?
«Normalmente».
Vi siete sentiti?
«No, ma è stato carino: il primo giorno del ritiro mi ha mandato un messaggio come capitano del Napoli, e mi ha chiesto di diffonderlo anche ai compagni di squadra, in cui ci faceva gli auguri per il futuro».
Le ultime tre lei le ha cominciate dalla panchina e non le è andata giù.
«Confermo. Ma credo che non piace a nessuno. E comunque quelle tre panchine consecutive mi hanno fatto male».
Sono stati tre anni anni bellissimi.
«Indiscutibilmente. Sarri ci ha dato tanto, nessuno può negarlo, né vuole. Abbiamo sognato insieme, abbiamo divertito».
E avete condiviso il dolore, se consente l’enfasi?
«Ma è così che è andata: la sensazione di Firenze è stata dolorosa. Inter-Juventus in tv ci ha lasciato dentro qualcosa che non siamo riusciti a contrastare e il giorno dopo, quando a Firenze avremmo comunque dovuto vincere, siamo rimasti subito in dieci».
Vi ha fatto più male la partita in televisione o quella vostra in campo?
«Il campionato, più che vincerlo la Juventus lo abbiamo perso noi. Non faccio congetture, perché non credo a queste cose. Ma in quel week-end si sono miscelate due situazioni che hanno contribuito a demoralizzarci. E’ vero che abbiamo avvertito il mondo caderci addosso».
Vi è mancata la reazione…

«Il carattere per fronteggiare una situazione psicologicamente estrema. Ma è stata una lezione, penso, si cresce anche così, attraverso le esperienze negative e lavorandoci su».
La Juventus non s’è placata, anzi: era già fortissima, ora ci ha aggiunto Cristiano Ronaldo.
«Ma un giocatore, uno solo, non vince mai niente. Anche se sei il più forte al Mondo».
Forse una volta è successo…
«Rettifico: se non sei Maradona, non vinci da solo».
Però hai molte possibilità di rifarlo ancora.
«Certo che sì. Ma noi siamo sempre quelli, con un anno in più, acquisti interessanti e amici che rientrano da infortuni seri che ce li hanno sottratti».
Cosa altro è successo, sinora, al mercato?
«Il colpo è anche Ancelotti, se permette: il Napoli ha preso l’allenatore più vincente in circolazione, un uomo di una qualità assoluta e di conoscenze internazionali quasi uniche. Ma mi sono piaciute molto anche l’Inter e la Roma. Ma manca un mese, immagino possano capitarne così tante che probabilmente non è il caso di sbilanciarsi».
Le ha consegnato la regia.
«Mi incuriosisce molto. E mi intriga anche. E’ una nuova esistenza, mi ci calo con interesse e con ottimismo».
Le allungherà la carriera.
«Non ho riflettuto su questa eventualità e non ci penso neanche. Quando Ancelotti mi ha detto che avrebbe voluto provarci, m’ha dato altri stimoli».
Cosa è cambiato da Sarri ad Ancelotti?
«Sono diversi, anche nella metodologia di lavoro e dunque nella distribuzione dei carichi».
Il suo presidente, De Laurentiis, è sceso in campo in difesa dei suoi calciatori: i top player ce li ha anche il Napoli?
«Ed è una verità assoluta ed indiscutibile. Questa è una squadra che è andata vicinissima al sogno per due volte, che è di nuovo in Champions ed è protagonista».
Analisi, scherzosa, dei top player del Napoli, Hamsik escluso.
«Insigne è o non è il più forte giocatore itliano in circolazione, in questo momento. E se sei il più forte calciatore di un Paese come questo, sei anche un top player…».
Il difensore top player…?
«Koulibaly mi pare che venga valutato cento milioni di euro. E allora, se questa è la quotazione, come volete definirlo?».
Il centrocampista top player...
«Vedrete Zielinski cosa diventerà: stiamo parlando di un talento allo stato puro».
Sull’attaccante si è dichiarato…
«E aggiungeteci anche Mertens: quanti gol ha fatto negli ultimi due anni, scusate? Uno che segna una cinquantina di reti in un paio di stagioni cosa volete che sia se non un top player».
Il top player e capitano Hamsik fino a dove vuole arrivare?
«Visto che ci sono, blindo tutti i record, così per il prossimo secolo nessuno li può battere».
Il suo contratto che dice?
«Due anni più uno».
E poi cosa farà?
«Mi vorrò divertire con i bambini, con le scuole calcio. Ma non ho fretta di lasciare, non ho date, non ho riferimenti precisi».
Cosa le manca?

«Lo scudetto con la maglia del Napoli».
Non vale, l’ha già detto nell’ultima intervista.
«Ma non l’ho ancora vinto. E comunque un trofeo, quell’atmosfera di festa che qui contagia tutti. Questa è casa mia».
Sta per raccontarsi in una autobiografia.
«Che ormai è quasi completa: siamo agli ultimi capitoli ormai».
Le possiamo dare del «vecchio»?
«Ora sì. Ma sono giovane dentro, eh».

Fonte: CdS

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