Kempes: “Messi meglio di Maradona? Che cavolata”
Kempes: «Leo non ha mai vinto. Argentina senza gioco …»
Quarant’anni fa, il 25 giugno 1978, Buenos Aires era un enorme luna park, la gente ballava e cantava per le strade, le bandiere sventolavano nella notte e nessuno, in quegli attimi, pensava che in qualche garage, in qualche villa protetta dagli alberi o in qualche seminterrato gli aguzzini del regime torturavano operai, studenti, sindacalisti, donne e uomini. La vittoria della Seleccion al Mondiale aveva anestetizzato un intero Paese. Le migliaia di desaparecidos non esistevano, erano invenzioni della propaganda comunista. E anche il generale Rafael Videla, il grande burattinaio, faceva festa e alzava il calice di champagne. Nella baraonda del Monumental ci fu un ragazzo di 24 anni che non riuscì neppure a toccare la coppa, tale era la confusione. E ciò nonostante lui, di quel Mondiale, fosse l’eroe indiscusso: 6 gol, due in finale contro l’Olanda. Quel ragazzo si chiamava Mario Kempes.
Si ricorda che cosa accadde quella notte?
«Come posso dimenticarlo? Una partita memorabile, una stanchezza incredibile, una gioia infinita».
E lei non diede la mano al generale Videla. Perché? Fu una forma di protesta?
«Nessuna protesta. Semplicemente c’era una tale confusione in campo e in tribuna che non ci fu l’occasione. E poi ero stanco, molto stanco».
Questo significa che lei avrebbe dato la mano al dittatore?
«Non ho detto questo, e non intendo parlare di politica».
Ma in quel Mondiale la politica fu molto presente: lei e i suoi compagni non sapevate nulla di ciò che accadeva in quei giorni in Argentina?
«Da due anni io stavo in Spagna. Sono arrivato all’ultimo momento nel ritiro della Seleccion. Eravamo blindati, non sapevamo niente. Noi, quella coppa, la vincemmo sul campo. Sul campo e basta. La politica, i generali e tutto il resto non c’entrano nulla».
È ancora arrabbiato?
«Oggi un po’ meno di 40 anni fa. Però non ho mai sopportato che si dicesse che c’erano state pressioni politiche per farci vincere il Mondiale, che quel titolo era una medaglia per la dittatura. Noi facevamo i calciatori, io facevo il calciatore, giocavo per me, per i miei compagni e per i nostri tifosi. Altro non so».
Quale fu la partita più difficile?
«Quella contro l’Italia. Gran bella nazionale, quella di Bearzot. Giocava sempre nello stesso modo, puntava al pareggio e, se ci riusciva, in contropiede ti faceva lo scherzetto».
Contro di voi c’è riuscita.
«Eh sì, abbiamo perso e siamo stati costretti a giocare la seconda fase a Rosario. Per noi fu una specie di penalizzazione».
Quale fu il maggior merito del c.t. Menotti?
«Lui ha saputo ottenere il massimo dai giocatori, li ha motivati, li ha aiutati. Non cercava il nome, non si faceva imporre nessuno: ti chiamava se eri in forma e se funzionavi nel suo sistema di gioco».
E della contestata vittoria per 6-0 sul Perù, che vi spedì in finale, che cosa dice?
«Che eravamo nettamente superiori al Perù, lo avevamo già battuto qualche mese prima. Se avessimo dovuto segnare 8 gol, quel giorno avremmo fatto 8 gol. Lo so che i brasiliani, che volevano andare in finale al nostro posto, hanno montato polemiche su polemiche, ma la verità è che quella partita la vincemmo senza aiuti».
Le due immagini che conserva di quel Mondiale?
«Il Monumental di Buenos Aires pieno di carta prima e durante la finale contro l’Olanda. Era una testimonianza d’affetto dei nostri tifosi. E poi l’allegria della gente, dopo il fischio finale. Mai vista tanta gioia. Tutti ballavano, gridavano, cantavano. L’Argentina era un Paese in festa e noi giocatori avevamo regalato quell’emozione».
Facciamo un salto in avanti di 40 anni: come vede la Seleccion oggi?
«Male contro l’Islanda. Molto male. E adesso c’è la Croazia ed è già decisiva».
Qual è il problema, secondo lei?
«L’Argentina ha soltanto un Piano A, le mancano il Piano B e il Piano C. Il Piano A consiste nel dare la palla a Messi, chiudere gli occhi e sperare. Ma, dico io, se Messi ha il raffreddore, serve una soluzione differente, altrimenti come si può vincere?».
A chi sostiene che Messi è sullo stesso livello di Maradona che cosa risponde?
«È una tonterìa, una sciocchezza. Messi è forte, d’accordo, ma non ha mai vinto il Mondiale. Fare confronti tra giocatori di epoche diverse è impossibile. Io ho conquistato il Mondiale del ‘78, Maradona quello dell’86, e Messi ancora niente. Questa è la realtà».
C’è chi pensa che questa Seleccion non sia forte come quelle del passato.
«Tutti giocano all’estero, tutti hanno esperienza, tutti hanno tecnica e qualità fisiche».
Allora la colpa è del c.t. Sampaoli?
«Non credo. Hanno cambiato tanti allenatori negli ultimi anni, eppure i risultati sono sempre stati deludenti. Dunque, va corretto qualcosa nel meccanismo della squadra. È il gruppo dei giocatori che, evidentemente, non funziona».
Ha appena detto che sono forti, che hanno esperienza, tecnica…
«Presi uno per uno hanno queste qualità, ma assieme non sono una squadra. Io vedo tanti “amici di Messi”, ma non vedo tanti “compagni di Messi”. Questa è la differenza. Per esempio: qualcuno mi può spiegare perché Icardi non è stato convocato?».
Forse perché non è amico di Messi?
«Io non lo so. Ma se non è stato chiamato per questioni extracalcistiche è una cosa che mi dà molto fastidio. A quest’Argentina Icardi faceva comodo».
Fonte: Gazzetta