L’intervista – De Laurentiis: “Con Ancelotti sarà un Napoli più europeo”

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L’intervista – De Laurentiis: “Con Ancelotti sarà un Napoli più europeo”

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La crisi con Sarri e la “prigionia contrattuale” («ma non sono un tipo vendicativo»). Il colpaccio Ancelotti: come, quando e perché. Il mercato che sarà, il primo no al City per Jorginho, l’acquisto di Verdi, Hamsik e la Cina, i tre fustigatori del calcio: un film ricco di titoli

Carlo Ancelotti, 58 anni, stringe la mano al presidente Aurelio De Laurentiis, 69: l’avventura è cominciata ansa «Non farmi fare la figura dell’arrogante, del riottoso, e non farmi litigare con Sarri», me lo ripete almeno tre volte ma con un tono godibilmente lieve.

Posso almeno provarci? «A farmi litigare?» De Laurentiis sorride a un ottimo momento personale, al consenso ritrovato e ai «38 milioni di tifosi nel mondo che diventano centoventi se si aggiungono quelli per i quali il Napoli rappresenta la seconda squadra. Mi sa che nel frattempo siano anche aumentati. Due anni fa commissionammo una ricerca alla Nielsen e questi furono i risultati».
Niente vino, solo acqua gassata all’ora di pranzo, De Laurentiis non ha dubbi sulla freschezza del pesce che ci servono, né sull’insalata di ovuli romeni tagliati fini. Una prima breve pausa preceduta da una serie di episodi che riguardano la sua vita, gli inizi, suo padre Luigi, lo zio Dino, le loro stregonerie professionali; padre e zio dei quali ogni volta imita la voce. Riprende a parlare quasi rispettando i miei tempi di raccolta degli appunti: «Ci sono tifosi che hanno la capacità di vedere ciò che c’è e altri che decidono di vedere solo ciò che vogliono, il calcio, poi, è il paradiso dei luoghi comuni. C’è il tifoso che frequenta lo stadio reale e quello che si accontenta dello stadio virtuale, i media, le tv, le radio, il web».

Sia il primo, sia il secondo inseguono la verità definitiva su lei e Sarri. «Non è vero che non ci prendevamo, io sono sempre stato molto educato con lui, l’ho sempre supportato. Ma a un certo punto se tu hai un contratto con me per altri due anni e cominci a seminare pubblicamente dei dubbi, dubbi del tipo “non so se rimango”, “non so se la società ce la farà a trattenere i migliori”, “nella vita meglio finire quando le storie sono belle”, invii dei chiari segnali di insofferenza e sfiducia, disattendi i tuoi obblighi contrattuali e mi procuri dei possibili danni».

Di che genere? «Non ragioni più da società, pensi solo alla tua immagine».

Beh, anche lei non gli ha risparmiato pesanti critiche pubbliche. Dopo Madrid, ad esempio. E anche di recente. «Ci arriviamo, ci arriviamo. Prima di tutto io non avevo l’obbligo di rinegoziare un contratto già negoziato. Tuttavia, da gennaio, e per più volte, l’ho fatto. A quanto eravamo arrivati?» chiede ad Andrea Chiavelli.
«Partendo dall’incontro di Figline a gennaio? A fine marzo, a tre e mezzo netti con la Champions e due e mezzo con l’Europa League», risponde il suo braccio destro. «Più bonus».
«Maurizio non mi ha mai risposto» prosegue De Laurentiis. «Se tu mi chiudi la porta in faccia, io educatamente mi trattengo per non disturbare il tuo lavoro, ma fino a un certo punto, oltre il quale ho il diritto, anzi il dovere di salvaguardare la società cominciando a guardarmi attorno».

Quando, precisamente? In che mese ha avvicinato Ancelotti? «Contrattuale o approccio?»

Approccio. «Con Ancelotti ci sentiamo da anni. Un giorno mi chiese Koulibaly, gli dissi che mi avrebbe fatto piacere dargli una mano ma che la priorità era il bene del Napoli. Anche Conte, che incontrai in vacanza alle Maldive, insistette a più riprese per il nostro centrale. Che da qui non si muove. Madrid, dicevi?»

Madrid. «A Madrid me la presi con la squadra, salvai solo Insigne, se non sbaglio. Non è così, Andrea?»

Accusò Sarri di non sfruttare per intero la rosa, entrò nella sua area di competenza.
«Gli ho forse dato del cretino o del deficiente? No. Ho espresso l’opinione del dirigente d’azienda».

Sarri faceva gioco e risultati, e verosimilmente non considerava le seconde scelte all’altezza dei titolari. «Premesso che lui non ha mai partecipato al mercato, mai, o forse una volta quando suggerì l’acquisto di Maksimovic che ha peraltro giocato pochissimo. Premesso questo, dicevo, prendiamo Mario Rui, è solo un esempio. Se impieghi sempre gli stessi va a finire che presto o tardi si rompono e i sostituti hanno pochi minuti nelle gambe e nella testa. Quando Ghoulam si è spaccato, Mario Rui ha impiegato un po’ per carburare. Per tutti era un salto nel buio. Aggiungo Rog, o Diawara che dopo il primo anno Maurizio giudicò fantastico e geniale e che nel secondo ha utilizzato pochissimo. Zielinski, un altro. A marzo il suo agente si è presentato con i minutaggi di Piotr e di Hamsik domandandoci perché volevamo allungare il contratto, visto che aveva giocato un terzo delle partite di Marek. Io a Sarri devo dire e dirò sempre grazie, altre due cose però mi hanno ferito».

Andiamo, quali? «Quando disse “al prossimo rinnovo mi voglio arricchire”. La considerai un’offesa che estenderei a chi vive in un Paese da anni in recessione. Uno che guadagna 3 milioni lordi a stagione, 4 con i bonus, non può affermare una cosa del genere».

Ma ci sono le leggi di mercato, contano i risultati e inoltre Sarri prima di Napoli non era mai stato pagato per quello che in effetti valeva. «Altri tecnici guadagnano molto di più? E allora? E’ come se io mi volessi confrontare con Murdoch, siamo su piani diversi. Da quando avevo 18 anni faccio il mestiere che ho sempre sognato, guadagno bene, cosa significa mi voglio arricchire?»

E la seconda cosa? «Al 4-3-3 passò grazie a noi, lo spingemmo a cambiare direzione. Mi disse: Presidente, mi faccia fare alla mia maniera, le prime sette partite le perderemo ma in seguito vedrà che risultati. Gli risposi che dopo tre sconfitte lo avrei dovuto esonerare. La Grande Bellezza è un film di Sorrentino, bellissimo, ma è molto più bello vincere. E il disimpegno nelle coppe europee?, la prima col Lipsia e la seconda col rientro dei senatori?»

E i 91 punti finali? «Il record di punti non è un obiettivo societario, ma un traguardo personale: meglio un secondo posto a 81 e una progressione nel percorso europeo».

A Napoli dicono che lei non voglia vincere per non vedere esplodere i costi. «Voglio vincere. Io sono un dirigente d’azienda, Sarri, l’allenatore in generale, è un dipendente di altissimo livello, e questa azienda per crescere ha bisogno di aumentare il fatturato, non conosco altre vie. Come? Attraverso le coppe europee. Al primo anno di Serie A il Napoli figurava alla posizione numero 515 del ranking mondiale, oggi siamo sedicesimi. Le coppe sono fondamentali; io sono chairman dell’Eca (l’organismo che rappresenta i club europei, nda) per il marketing e la comunicazione e secondo te non voglio fare strada nelle coppe? Avete visto cosa ha portato a casa la Roma? Novanta milioni»

Beh, quanto a comunicazione, lei ci ha regalato delle perle indimenticabili, come la volta in cui abbandonando la sede della lega diede delle teste di cazzo ai suoi colleghi.
«Il mio lavoro mi ha portato a misurarmi con tutte le modalità e i tipi umani, e tutti i linguaggi, dal più alto al più basso», sorride. «Mi adatto a seconda delle circostanze».

Adesso ha due allenatori sotto contratto. Che ne sarà di Sarri? Lo terrà prigioniero?
«Se si presenterà qualcuno a trattare sarò ragionevolissimo. Non sono un tipo vendicativo e, lo ripeto, Sarri avrà sempre il mio grazie».

Cosa chiede ad Ancelotti?
«Carlo è la chiave d’accesso all’internazionalizzazione del Napoli. Lui vuole conservare l’80 per cento dell’organico attuale, lo considera di ottimo livello. I nostri obiettivi sono un portiere, un terzino, un centrocampista e un esterno d’attacco».

Verdi. «Giuntoli ha fatto tutto ieri sera con Branchini, giusto Chiavelli?» Risposta affermativa.

Ancelotti ha visitato Castel Volturno? «Ristrutturazione totale, la seguirò personalmente, ho fatto la lista della spesa e entro due mesi avremo un centro finalmente all’altezza».

Ci può anticipare il budget di mercato? «Ho rifiutato i 45 milioni più 5 di bonus del City per Jorginho, se Hamsik vorrà andare in Cina non lo fermeremo. Ma quanto gli daranno? Dal 10 al 31 luglio Carlo potrà valutare l’intera rosa e prenderà delle decisioni, il 4 agosto saremo a Dublino col Liverpool e vedremo il suo primo Napoli. Pensa che a oggi là davanti abbiamo Mertens, Milik, Insigne, Callejon, Ounas, Ciciretti, Inglese, il giovane Vinicius e Younes che è stato convocato per il ritiro. Dicevi che non voglio vincere? Faccio presente che quest’anno perdo 15 milioni e che raramente nei precedenti 13-14 bilanci abbiamo registrato un segno negativo. Per me il rosso rappresenta una macchia. Le coppe sono importanti perché l’Italia è quello che è, un calcio che ha avuto tre fustigatori».

Tre soltanto? «Melandri, Luca Lotti e Pitruzzella. Mi può anche star bene la linea Robin Hood, togliere ai ricchi per dare ai poveri, ma solo se si aumenta il montepremi. Una certa sinistra è corresponsabile della crisi. La legge sugli stadi l’ha fatta Nardella, che è una proiezione di Renzi, e non s’é cancellata la legge Melandri anche per non mettere sinistra contro sinistra. Infront, poi… Non ha fatto l’advisor, ha alimentato il regno dei misteri. Senza contare le singolari garanzie fornite da Mediapro. Chi le ha accettate? E’ bastato che un esperto di cose bancarie come Micciché le valutasse per capire che l’accordo sembrava un compito di terza elementare».

La Redazione

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