Lippi: “La vittoria del Napoli a Torino ha dato l’impennata alla Juventus”
Lippi: “La vittoria del Napoli a Torino ha dato l’impennata alla Juventus”
Il duello scudetto Napoli-Juventus ha appassionato tutti, soprattutto la sfida tra i due tecnici Allegri e Sarri che con il loro stile hanno diviso gli addetti ai lavori. In un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport l’ex c.t. della Cina Marcello Lippi analizza la stagione delle due squadre.
“Ho seguito dalla Cina, dove mi trovo in qualità di commissario tecnico della Nazionale per le ultime amichevoli di stagione, il dibattito aperto dal Corriere dello Sport-Stadio su uno dei temi sempre attuali quando si parla di calcio. In questo caso sono stati Allegri e Sarri a riaccenderlo. Un allenatore deve mettere al primo posto il risultato o il bel gioco? Meglio avere o essere, verrebbe da dire? Voglio affrontare la questione partendo da un ricordo personale, che mi riporta indietro di quasi trent’anni, dunque all’inizio della mia carriera di allenatore”.
“Ero appena arrivato a Cesena, voluto dal presidente Lugaresi. La società mi chiese di inserire nel mio staff Emilio Bonci, allora sessantenne, straordinario personaggio, di grande simpatia, una colonna di quel club, lui che a Cesena ci era nato (alla sua famiglia è intitolato il teatro cittadino), ci aveva giocato, prima di svolgere vari ruoli. Era balbuziente ma le sue battute erano fulminanti. Una delle più celebri la riservò a un giovane allenatore che continuava a raccontargli che la sua squadra aveva giocato benissimo, ma alla domanda su quale fosse stato il risultato finale, ammetteva sempre: «Abbiamo perso 1-0». La terza volta che ascoltò questa storia, Emilio lo stoppò: «A…aaa…scolta me: a giocar bene e a perdere son bravi tutti…».
Campioni e galli
“Beh, battute a parte, come la penso in questo senso è semplice (e non ho cambiato idea con gli anni). La parola chiave per me è: concretezza. Non è un segreto. Il calcio che io concepisco deve rispondere a determinate caratteristiche, un mix di alcuni aspetti. Prima di tutto occorrono grandi giocatori. Poi viene l’inquadramento tattico, che dipende dai talenti che hai a disposizione. Più facile (e necessario) lavorare in profondità se non ne hai tanti. Altra cosa a proposito dei giocatori: servono campioni e non galli nel pollaio, fenomeni, magari capaci di grandi colpi ma anche di farsi cacciare dall’arbitro, oppure che si arrabbiano se l’allenatore li sostituisce a dieci minuti dalla fine, che una volta o due giocheranno benissimo ma non avranno continuità. Con gli alti e bassi non si vince, se si oscilla tra il 30-40% di rendimento e il 150% non si vince. Continuità, è l’altra parola chiave. Riassumendo: continuità, organizzazione e grandi giocatori.
L’allenatore bravo è quello che sa sfruttare la qualità del campione trasformata in una spinta fondamentale per le vittorie di squadra: le uniche che contano, che restano, che fanno la storia, anche personale. Inutile avere il capocannoniere del campionato se lo scudetto se lo cuce qualcun altro sul petto, per intenderci”.
Abitudine
“Venendo ad Allegri e Sarri, alla Juve e al Napoli, dico che hanno dato vita a un duello di grande qualità, che hanno messo tra sé e le altre squadre di vertice una ventina di punti di distacco. Due allenatori che hanno seguito strade diverse, importanti e spettacolari. La qualità del gioco del Napoli è stata di livello mondiale, lo dico letteralmente, visti i riconoscimenti che gli sono arrivati anche da fuori Italia. Eppure la Juventus ha avuto qualcosa in più. Intanto una rosa più larga e più cambi disponibili. E’ vero che certi automatismi del Napoli nascono anche dal fatto che Sarri ha utilizzato più o meno sempre la stessa squadra. Ma soprattutto alla fine ha vinto l’abitudine a vincere.
La vittoria del Napoli a Torino ha provocato l’impennata della Juve, che ha avuto anche la fortuna necessaria, a Milano, dove a cinque minuti dalla fine era sotto. Vinta quella partita, ha conquistato lì lo scudetto. Dando una mazzata morale al Napoli, davanti alla tv. Tanto che il giorno dopo a Firenze non c’è stata gara. Ma non sarebbe stato così, in caso di successo dell’Inter. Questo per ricordare alla fine che vincere nel calcio non dipende solo dalla qualità del gioco”.