Il Napoli non è mai stato banale. S’è incartato su stesso, a volte, non ha approfittato delle occasioni, ha avuto paura di vincere, globalmente è stato inferiore alla Juve perché non ne ha la forza mentale, l’abitudine all’alta quota, la ricchezza della rosa. Ma come negare che Sarri si sia superato? Come dimenticare che 84 punti sono già un primato nel ciclo triennale di un tecnico che divide, che a volte fa scelte personali e tecnico-tattiche discutibili, ma ha lasciato il segno? Come negare che abbia meritato uno scudetto anche lui? Oggi riceve un Torino senza più obiettivi: vediamo se si farà prendere dal «braccino», se la pressione sarà insostenibile, o se obbligherà la Juve a soffrire ancora.
Ma se Sarri le vincesse tutte e tre, da qui alla fine, potrebbe essere uno sforzo inutile. È la Juve che ha in mano il suo destino: può permettersi di perdere con la Roma, tanto le basterebbe avere la meglio sul Verona, retrocesso ieri e con ben poche probabilità di essere «fatale». Come dire che lo scudetto è quasi nella cassaforte dello Stadium. In pochi giorni può completarsi il mosaico disumano dell’era Allegri: otto successi su otto tra campionato e Coppa Italia. Aggiungendo due finali (perse) di Champions, e altre due eliminazioni sul filo dei supplementari, le legittime critiche per un gioco poco spettacolare lasciano il tempo che trovano. Anche se, volendo puntare alla Champions, la Juve lo sa che il salto di mentalità andrà fatto.