Il “napoletano” Mirante proverà a fermare la Juve: “Io bianconero? Sto bene al Bologna”
Antonio Mirante ai microfoni del Corriere dello sport
Che rapporto ha con i social?
«Direi equilibrato, ho profili Twitter e Instagram di cui mi occupo personalmente».
Che foto metterebbe sul suo profilo Instagram per definire questo campionato del Bologna?
«Una foto che faccia capire il senso di rivalsa, la voglia di reagire a qualcosa che ci sta stretto».
Vi stanno stretti i 39 punti?
«La classifica fotografa la nostra realtà. Un paio di punti in più o in meno, noi siamo questi, dobbiamo averne consapevolezza».
Vincere in casa della Juventus per il Bologna è impossibile?
«No. Durissima. Ma impossibile no. Io col Parma di Marino ho già vinto a Torino, sette anni fa, era la Juventus di Del Neri».
Il suo amico Gigi Buffon smette. Che ne pensa?
«Sono sicuro che ha riflettuto bene sulla scelta. Per quello che posso dire Gigi è ancora in grande forma. Non è più quello di dieci anni fa, ma è ancora decisivo nelle partite che contano».
Vede per Buffon un ruolo da dirigente azzurro?
«E’ la persona più adatta per un ruolo di prestigio in Nazionale. Gigi è una ricchezza per il nostro calcio, lui come Maldini. In un periodo di transizione come questo sarà utilissimo».
Cosa le ha insegnato Buffon?
«A non subire mai la partita, a non farsi condizionare, a rialzarsi dopo l’errore».
Il suo contratto col Bologna scade nel 2019. Che fa? Resta o parte?
«Resto. E’ la mia intenzione. Voglio continuare a giocare a Bologna. Spero che la società la pensi allo stesso modo».
Negli ultimi tempi si è parlato di lei alla Juve, dove tra l’altro ha cominciato la sua carriera. Ci andrebbe?
«Non mi sono mai posto il problema. Sto bene qua».
Nell’agosto del 2017 rischiò di smettere di giocare per un problema cardiaco. Ci pensa ancora?
«Sì, ci penso, è normale, soprattutto quando capitano tragedie come quella di Davide Astori. Ma quel problema è superato e in campo non mi ha mai condizionato, altrimenti avrei smesso».
Momenti così spesso cambiano le persone. Lei è cambiato?
«Come atleta no, come uomo sì. Penso che ci sono cose più importanti di una vittoria o una sconfitta. Sembra una cosa banale da dire, ma questo mi ha dato più serenità».
Rosica ancora quando perde?
(ride) «Rosico alla grande, ma con più equilibrio».
Parliamo di calcio: Donadoni è l’allenatore giusto per il Bologna?
«Per lui parla il suo curriculum. Certo che lo è. Mi vien da sorridere quando si cerca di far passare Donadoni per l’ultimo arrivato».
Dove pensa sia cresciuto il Bologna?
«Nella valorizzazione di alcuni giovani. Pulgar, Diawara prima di lui, Masina, Verdi che è arrivato qui ed era un talento inespresso, Di Francesco che veniva dalla serie B di Lanciano».
Cosa vi manca?
«Un po’ di sana ignoranza, la capacità di essere più “cazzuti”, se mi passa il termine. Col Milan ci è mancato proprio questo: alla fine loro erano cotti. Non ne abbiamo approfittato».
Lei è solitamente molto critico con se stesso. Le è capitato di non piacersi?
«Contro la Juve, all’andata. Ma non tanto per i gol presi, quanto per l’approccio troppo passivo alla partita. In quel momento mi sono imposto di provare ad essere un portiere più “aggressivo”».
Che errori grossolani si imputa? «A Verona, sul primo gol di Cerci. Ma lì il mio preparatore Bucci non mi ha rimproverato la lettura sbagliata, ma il fatto che quaranta secondi prima non ero uscito su un pallone che era passato inosservato. Un altro errore è stato il gol preso su punizione di Pjanic all’andata con la Juve: mi sono tuffato, ma ho avuto timore del palo».
Di sbatterci contro?
«Esattamente quello».
Cosa fa di un portiere normale un gran portiere?
«La reazione all’errore. Sbagliano tutti, il più bravo è quello che reagisce meglio».
Chi sono i tre portieri del futuro?
«Mi piace molto Meret, penso che Gomis abbia grandissime qualità. E poi, pur essendo molto diverso da me, seguo con interesse Boris Radunovic, il 21enne serbo della Salernitana».
Parliamo di lei. Se dico: moto.
«La mia passione. Ho preso il patentino anche per moto di grossa cilindrata, ma non posso andarci, il contratto da professionista lo vieta. Mi divertirò quando avrò smesso di giocare».
Ha imparato – non dico a fare da mangiare – ma a cucinare un uovo?
(Ride) «Non ci penso nemmeno. Non affronto il problema».
Sappiamo che è esperto: che serie-tv consiglia?
«La casa di carta. L’abbiamo visto nel viaggio, lunghissimo, verso Genova. Fidatevi: ne vale la pena».
Cosa farà quando avrà smesso di giocare?
«Viaggerò moltissimo. Prima tappa: Oriente. E’ un posto che mi affascina».
E invece. Prossima tappa: Torino, Juventus Stadium. Durissima.
«Durissima. Ma se ci vai da squadra compatta e corta, senza pensare a star lì a difenderti, provando anzi ad essere pericoloso, ripartendo ogni volta in velocità, insomma… se facciamo così può uscire qualcosa di bello».
In una parola, cosa servirà per fare punti con la Juve?
«Cazzimma».
Fonte: CdS