Tutto Perin in sei parole: sul Napoli “non spreco energie pensando al futuro”

0

Ieri è passato e non ritornerà, potrebbe essere questo il motto di Mattia Perin, capitano del Genoa, con un posto tra i pali, grossi infortuni alle spalle, nei radar di molte squadre, Napoli compreso, per il  futuro. Perin

Factory della Comunicazione

Ballardini ha messo ordine in difesa: la chiave è lì. «Vero, ma non parlerei del reparto singolo, bensì della fase difensiva, a cui partecipano anche gli attaccanti».

Lei è qui da dieci anni. Si sente un po’ genovese? «Ho un eccellente rapporto con la città, Genova mi ha quasi adottato, sono arrivato a 15 anni. La qualità della vita è elevata, se una giornata nasce storta, guardo il mare da casa e mi torna il sorriso».

«Il portiere più forte è quello che si vede di meno», lo ha detto lei. Ma c’è un Perin della prima ora, più guascone, ed uno venuto dopo, più maturo e riflessivo. «Se fondiamo i due estremi, esce quello che vorrei essere. Sono cresciuto in fretta, ma poi per poter giocare in A e fare il capitano ho dovuto mettere a posto il mio carattere. Ma non rinnego nulla, ho cercato di prendere il meglio da tutte le situazioni della vita».

Gli ultimi due infortuni hanno avuto un peso nella sua crescita? «Diciamo tre, c’è anche quello alla spalla. Senza tutto questo, non sarei il Mattia di oggi. A mia figlia Vittoria (due mesi, sabato l’ha portata per la prima volta in campo al Ferraris, n.d.r.) ed a quelli che verranno in futuro, un giorno dirò che nonostante gli infortuni ho raggiunto i miei obiettivi».

Questa è una piazza calcisticamente anomala: la rivalità fra tifosi è sana e il portiere di una squadra può essere grande amico del numero uno avversario. «Genova è così: o tifi per noi, o per la Samp, non ci sono juventini, milanisti, interisti… E le due sponde del tifo cittadino vanno d’accordo. Ho un ottimo rapporto con Viviano, ci frequentiamo fuori dal campo, condividiamo la stessa cultura del vino, andiamo a girare le Langhe sulle strade del Barolo. Ho concluso il primo livello del corso di sommelier».

Mercato: dopo le sirene milaniste, ora si parla del Napoli«Le voci di mercato non mi infastidiscono. Finchè si gioca, testa solo al campo, non spreco energie pensando al futuro».

Come giudica le accuse del suo idolo Buffon a Madrid? «C’è chi ha detto cose più pesanti nel nostro ambiente, ma le sue parole sono sempre amplificate. E poi la frustrazione per essere usciti a un passo dall’impresa è enorme».

L’immagine simbolo della sua vita genoana? «Sono due. 1° settembre 2013, 2ª gara in A con il Genoa, perdemmo 2-5 dalla Fiorentina. Su un tiro da fuori area di Pepito Rossi, me la buttai in rete da solo. Piovvero critiche senza fine. Tre gare dopo, con il Chievo, feci una bella parata su un tiro di Pellissier. Mi rialzai e sentii un brivido lungo la schiena, mai scorderò quell’attimo, come se mi fossi liberato di tutto quello che avevano detto su di me. E poi alla fine fui convocato per il Mondiale».

A proposito, la Nazionale. «Un obiettivo, non un’ossessione. Quando Gigi smetterà, quanti pretendenti. Penso a Donnarumma — avrà un futuro luminosissimo — ma pure a Sportiello. Sirigu, Meret, Cragno, Consigli. Più c’è competizione, più il livello si alza».

A parte il Grifone del Gasp, il più grande Genoa del Secondo Dopoguerra risale a fine anni Ottanta: lei non era ancora nato. «Quando entri al Ferraris ti senti veramente calciatore: pazzesco. Ecco perchè credo che questa squadra meriti di lottare stabilmente per qualcosa di più della salvezza».

Fonte: gasport

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.