Giaccherini sereno, ma risentito: “Sarri si concentra solo sui titolari. Mai sentito importante al Napoli”

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Non è mai entrato negli schemi di Sarri, nonostante il suo impegno. Emanuele Giaccherini, ora al Chievo, si dice sereno, e vorrebbe continuare e finire qui la sua carriera.

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Troppo poco in campo con la maglia del Napoli, e Giak sapeva che non sarebbe mai stato titolare.

In una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, Giaccherini analizza questo suo nuovo inizio. Ma si sofferma anche sul passato alla Juve e in Nazionale. E soprattutto continua a chiedersi il perchè sia stato sempre fuori dai piani di mister Sarri.

Bentornato, Giaccherinho. Disse Conte che se si fosse chiamato così, avrebbe goduto di ben altra considerazione. Ricorda come nacque il soprannome?

«Feci un bel gol al Bologna in Coppa Italia e lui se ne uscì con quella frase: voleva far capire che spesso in Italia ci sono bravi giocatori a cui vengono preferiti stranieri da nomi esotici. A Conte devo la mia carriera».

Gene Gnocchi le ha dedicato un Rompipallone splendido: «Ricordo solo che il mio sequestratore fumava ed era sempre in tuta». Perché ha avuto così poco spazio con Sarri?

«Me lo sono chiesto anche io. L’unica spiegazione è l’infortunio iniziale che mi impedì di far vedere a Sarri che sono una mezzala: restai fuori due mesi per uno strappo e nel frattempo arrivarono Zielinski e Rog. Così Sarri mi mise esterno, un ruolo che non faccio bene: per lui ero il vice Callejon. È stato un disguido tattico. Ho provato a dimostrare di poter comunque essere utile al Napoli, ma lui ormai aveva questa visione di me. In campionato ho fatto una sola gara da titolare e ho anche segnato. Ma non mi sono mai permesso di chiedergli perché non giocassi mai».

È vero che Sarri in allenamento si concentra sui titolari e segue meno le riserve?

«Sì. In campo è bravissimo, ma ha questo problema di rapporto con le riserve. Quando alleni una grande squadra devi saper gestire bene il gruppo e sotto questo punto di vista Sarri difetta. Per lui esistono 14 o 15 giocatori, ma se hai le coppe e vuoi vincere il campionato hai bisogno della rosa intera. Ed è giusto far sentire tutti importanti. Io a Napoli non mi sono mai sentito importante».

Quali sono le analogie e le differenza tra Conte e Sarri?

«Entrambi predicano il recupero immediato della palla, il pressing alto, il gioco propositivo. La differenza principale riguarda la gestione: per Conte sono tutti importanti e nessuno indispensabile, per Sarri ci sono undici indispensabili e gli altri vengono dopo».

In un anno e mezzo a Napoli appena 344’ in campionato. È difficile allenarsi bene conoscendo la situazione?

«Ho lavorato per me stesso. Nella mia carriera ho mangiato tanta polvere, sono finito in tribuna anche in C2. Allora non ho mollato, nella speranza di trovare una squadra che puntasse su di me. È brutto arrivare al venerdì e sapere che la settimana per me era finita lì. Ma non ho mai mollato. E grazie a questo atteggiamento adesso posso già dare una mano al Chievo pur non essendo al top».

Per chi tifa, Juve o Napoli?

«Champions alla Juve, scudetto al Napoli: così tutti gli amici sono contenti».

Lei fu titolare nella prima partita dello Stadium. Ricordi?

«Ero troppo teso: ansia pazzesca. Il giorno dopo Conte mi scrisse un messaggio: “Ieri si sarebbero spaventati anche grandi campioni, quindi resta sereno e pensa a lavorare. Tu vali di più e soprattutto io da te pretendo di più”. Che grande».

Fu titolare nell’ultima partita di Del Piero.

«E gli passai il pallone del suo ultimo gol. Emozione incredibile: lui faceva il giro del campo e noi, invece di giocare, guardavamo lui».

Maran l’ha già rimproverata per quel gol del marzo 2013?

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