Benevento – Ecco Diabatè, l’Ibrahimovic nero
Personaggio tutt’altro che banale nel panorama calcistico internazionale, per la sua storia personale e il suo approccio filosofico alla vita, Cheick Diabaté è abituato a vestire gli abiti dell’eroe, in campo e nel privato. E la nuova sfida che sta per intraprendere con il Benevento sembra avere tutte le caratteristiche per mettere alla prova, una volta di più, le sue qualità. Come aveva spiegato a France Football il mese scorso, Cheick ha lavorato sodo per farsi trovare pronto quando fosse arrivata la migliore occasione possibile sul mercato: non aveva alcuna intenzione di restare in Turchia, ha badato a concentrarsi sugli allenamenti per essere al top alla riapertura del mercato.
Diabaté è un ragazzo abituato alle missioni impossibili, tanto che lo scorso anno grazie al suo inserimento, e alle sue otto reti in quattordici gare, il Metz è riuscito a salvarsi dopo un lungo periodo come fanalino di coda della Ligue 1, uno scenario molto simile a quello che l’attende ora al Benevento, a cui può garantire una marcia in più con i suoi gol per continuare la scalata.
DI PETTO. L’attaccante maliano è giunto in Europa, e più precisamente Bordeaux, appena maggiorenne prendendo una delle decisioni più dure della sua vita: molto attaccato alla sua famiglia, avrebbe preferito continuare a crescere nel suo Paese ma la morte improvvisa della madre, per malattia, l’ha convinto a partire. Lei gli aveva sempre consigliato di lasciare il Mali per inseguire i suoi sogni. Ovunque lo abbia portato la sua carriera, dalla Corsica al Sud Est francese, passando per il grande Nord, Cheick è stato sempre accolto con il sorriso, diventando spesso il pupillo dei propri tifosi, tanto che a Bordeaux lo hanno ribattezzato lo “Zlatan del Sud-Ovest”, in omaggio al suo percorso nella città dei vini. In Ligue 1 Diabaté ha messo a segno 58 reti in 143 apparizioni, con un gol ogni 148 minuti, mentre in Coppa di Francia è riuscito nell’impresa di mettere dentro ben dieci reti in sole otto partite (una ogni 67’).
Carattere. Ha dovuto affrontare diversi momenti difficili in carriera, ma non si è mai arreso: «Ho perso mia madre giovane e ho perso anche mio padre e mio fratello, questo mi ha fatto capire che la vita è bella e che non serve a nulla essere cattivi. Se qualcuno mi critica ho voglia di conoscerlo e di diventare suo amico. Sono un ingenuo? Forse, ma secondo me l’odio non serve a nulla».Corriere dello Sport